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Amore dei cani, la scienza spiega come e perché ci vogliono bene

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L’amore dei cani nei nostri confronti è reale oppure no? Chiunque ha un amico a quattro zampe non ha dubbi in merito, ma gli scettici pensano che Fido dimostri affetto al suo padrone umano solo perché questi lo nutre e da lui dipende la sua sopravvivenza. Ebbene, un recente studio condotto dal neuroscienziato Gregory Berns, professore di psichiatria alla Emory University di Atlanta, dimostra in maniera incontrovertibile che l’amore dei cani è sincero, che i sentimenti di affetto e le emozioni che mostrano nell’interazione quotidiana con l’uomo sono autentici e non mediati meramente dalla soddisfazione delle proprie necessità.

Berns ha riassunto i cinque anni della sua ricerca incentrata sull’amore dei cani e in generale su tutti i loro aspetti comportamentali in un libro intitolato ‘What’s it like to be a dog?‘, in cui spiega i risultati delle analisi effettuate con con la risonanza magnetica su circa 90 cani, una ricerca condotta in collaborazione con allenatori e proprietari di cani: quello che emerge è che negli animali si accende la corteccia prefrontale, la parte del cervello riservata all’elaborazione delle emozioni e dell’affettività, ogni qual volta riceve coccole oppure viene lodato a parole dal proprio padrone, o riceve frasi rivolte con tenerezza. Dunque il cane percepisce e reagisce alle interazioni positive, ma lo studioso non si è fermato qui: dopo aver dimostrato che la medesima area si accende anche davanti ad un boccone goloso, ha osservato che in almeno un 20 per cento degli animali analizzati la reazione di gioia davanti alla tenerezza dei padroni è superiore a quella provata davanti un pasto allettante.

Dunque l’amore dei cani è assolutamente reale, e d’altronde chiunque abbia avuto a che fare con loro ha sempre avvertito questa relazione profonda, senza l’ausilio della scienza, che invero adesso riesce a certificare definitivamente come gli animali abbiano un’intelligenza in grado di elaborare emozioni complesse, e non necessariamente legata alla propria sopravvivenza. Lo stesso studioso d’altronde ha ammesso di essersi interessato a questo specifico oggetto di studi dopo la morte del suo cane Newton, un carlino, poiché il dolore per la scomparsa lo aveva portato a chiedersi se il cane lo avesse amato altrettanto, e quindi se più in generale i cani ci amano nelle stesse modalità con cui lo facciamo noi. La risonanza magnetica ha finalmente sgombrato il campo dagli equivoci e dallo scetticismo: per i cani amore non vuol dire affatto ricevere solo cibo dall’uomo, ma prevede tutta la gamma possibile di emozioni che fanno parte di una relazione.

Giulio Ragni

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