Una diagnosi sbagliata di tumore, poi l’amputazione del pene. Adesso il paziente di 68 anni chiede un risarcimento: medico sotto accusa.
Un intervento molto complesso, riuscito alla perfezione, ma non necessario. A un uomo di 68 anni è stato amputato il pene in seguito a un’errata diagnosi di tumore, e adesso il oppiante si è ritenuto vittima di un danno enorme. Sotto accusa il medico che ha effettuato la diagnosi errata, coinvolto il medico di trent’anni che quasi 5 anni fa effettuò l’operazione a distanza di un mese dall’ultima visita. Il caso era stato archiviato nel dicembre del 2022, ma i legali del paziente si sono opposti alla decisione del gip.
Pene amputato per errore: diagnosi sbagliata di tumore
Un’amputazione che secondo gli avvocati del paziente sarebbe stata errata ed evitabile, vista la successiva diagnosi. Un uomo di 68 anni ha subito l’amputazione del pene, a causa di una diagnosi di tumore ma dopo aver effettuato ulteriori esami istologici l’uomo ha scoperto che la prima diagnosi era invece sbagliata. L’amputazione è risultata dunque superflua e il danno ormai irreversibile. E’ successo ad Arezzo nel novembre del 2018.
Lo riporta oggi la cronaca locale, in particolare Il corriere di Arezzo. L’operazione era stata eseguita da parte di un giovane medico, trentenne, all’ospedale San Donato di Arezzo, su un uomo ordinario della Valtiberina di 68 anni, classe 1954. La prima visita era stata condotta dallo stesso medico nel mese di ottobre, sempre nel 2018. Visto il sospetto di una patologia tumorale al pene la decisione era stata quella di procedere con l’amputazione, ma dagli esami istologici tale sospetto era stato smentito.
Una diagnosi tardiva, a detta degli avvocati del paziente, quella effettuata in un secondo momento sui tessuti prelevati.
Imputato per lesioni gravissime il medico: la richiesta di risarcimento
Dopo l’errata diagnosi sono iniziate dunque le procedure legali. Il paziente ha avviato le cause, mettendo sotto accusa il medico che ha effettuato l’operazione. L’imputazione è per lesioni gravissime, anche se in un primo momento la pm Laura Taddei aveva deciso per l’archiviazione del caso.
I legali del 68enne però si sono opposti al gip, a seguito dell’udienza conclusasi nel dicembre 2022. Il giudice Giulia Soldini ha dunque optato per l’imputazione coatta del dottore che effettuò l’operazione.
Un caso sanitario delicatissimo, per il quale dunque il medico rischia il processo. Il prossimo 9 marzo il fascicolo del caso arriverà al giudice del Tribunale di Arezzo, dove Claudio Lara deciderà per l’udienza preliminare.