Questa settimana il nostro viaggio nel ripasso dell’analisi grammaticale ci porta nel complesso mondo degli avverbi, di cui vedremo regole ed esempi. Complesso perché molto spesso ci si confonde con aggettivi, preposizioni e pronomi, per cui andiamo andare un’occhiata a questo elemento della grammatica italiana. In linea generale, l’avverbio serve a modificare e a integrare il significato di un verbo. Tuttavia non sempre un avverbio viene usato per interagire con un verbo, può essere accostato anche ad altri avverbi o aggettivi, trasformandone radicalmente il significato originale.
Normalmente vengono considerati anche avverbi alcune locuzioni definite ‘avverbiali’, formate da più parole, che però hanno il significato di un normale avverbio. Alcuni esempi comuni sono ‘all’incirca’, ‘né più né meno’… Esistono due grandi classi di avverbi, quella lessicale e quella derivata. Nel primo caso includiamo parole che non derivano da altre (bene, male, sempre), mentre nel secondo caso abbiamo parole che derivano da altre, a cui viene aggiunto il suffisso -mente (brevemente, velocemente, attentamente) o -oni (bocconi, cindoloni).
Normalmente gli avverbi vengono distinti in base alla funzione che hanno all’interno della proposizione:
– avverbi di modo o maniera: precisano il modo in cui avviene l’azione e sono terminanti in -mente (brevemente, gentilmente) o in -oni (cavalcioni, carponi). Qui includiamo anche quelli che hanno la forma di aggettivi al maschile (forte, chiaro, alto), altri (bene, male, volentieri, purtroppo) e locuzioni corrispondenti (di corsa, più piano, più basso)
– avverbi di tempo: specificano il momento in cui si svolge l’azione (ieri, oggi, domani, frequentemente, subito, prima, finora) e locuzioni corrispondenti (all’improvviso, per tempo, prima o poi)
– avverbi di luogo: precisano il luogo in cui l’azione avviene (lì, qui, giù, dietro, sopra, altrove, presso, vi, ci) e locuzioni corrispondenti (di là, di qua, di sopra)
– avverbi di quantità: esprimono in maniera vaga una certa misura (appena, molto, abbastanza, alquanto, meno) e locuzioni corrispondenti (all’incirca, di più, di meno)
– avverbi opinativi: esprimono un’opinione, e possono essere di affermazione (certo, sicuro, indubbiamente), di negazione (no, né, nemmeno, neppure), di dubbio (probabilmente, forse, chissà, magari) e le locuzioni corrispondenti (di sicuro/nemmeno per sogno/quasi quasi)
– avverbi interrogativi: quelli che all’interno dell’enunciato presentano una domanda (quanto?, dove?, perché?) e locuzioni corrispondenti (da quanto?, da dove?)
Esistono poi alcuni avverbi che hanno funzione focalizzante, cioè in pratica trasformano una parte della frase in corrispondenza della struttura informativa dell’intera proposizione. Esempi di questi avverbi sono anche, perfino, solamente, addirittura… Proprio su questi avverbi si concentra l’importanza dell’intera frase. Inoltre anche gli avverbi, come gli aggettivi, hanno dei gradi comparativi:
– di maggioranza: si forma premettendo più al grado positivo dell’avverbio (Esempio: velocemente – più velocemente)
– di minoranza: come sopra, ma premettono meno al posto di più (meno velocemente)
– di uguaglianza: premettendo le parole tanto o così oppure posponendo come o quanto (così velocemente come/tanto velocemente quanto)
e superlativi:
– assoluto: si forma aggiungendo il suffisso -issimo o -issimamente al grado positivo (Esempio velocemente – velocissimo/velocissimamente)
– relativo: si forma invece anteponendo al grado positivo la locuzione il più e posponendo il termine possibile (il più veloce possibile)
Anche gli avverbi, come gli aggettivi, possono essere soggetti ad alterazioni diminutive (bene/benino), vezzeggiative (male/maluccio), accrescitive (bene/benone), peggiorative (male/malaccio). Come dicevamo all’inizio, confondere gli avverbi con preposizioni, aggettivi, pronomi e congiunzioni è uno dei tanti errori in cui possiamo incappare quando facciamo l’analisi grammaticale. Per distinguerli, ecco alcuni capisaldi:
– gli aggettivi, a differenza degli avverbi, concordano sempre in genere e numero con il sostantivo che accompagnano
– gli avverbi non collegano più elementi, come fanno le congiunzioni, ma fanno riferimento a un elemento solo per volta
– le preposizioni partecipano sempre alla formazione di un complemento linguistico, introducendo un pronome o un sostantivo
– le particelle ci, vi, né, posso essere distinte dai pronomi quando indicano uno stato o un moto a luogo: in quel caso sono da considerare avverbi.