Questa settimana il nostro mini appuntamento dedicato alla grammatica italiana vuole dedicarsi a lui, al sostantivo, elemento fondamentale della frase, spesso bistrattato e nascosto sotto tonnellate di altre cose. La volta scorsa ci eravamo dedicati a scoprire cosa fosse e come si facesse l’analisi grammaticale e avevamo parlato in maniera generica del nome o sostantivo. Adesso andiamo ad indagarlo un po’ meglio, senza diventare troppo pedanti, ovviamente. In generale, la categoria grammaticale dei sostantivi indica persone, animali, oggetti, luoghi, idee, fatti che possono essere distinti per genere, maschile e femminile o per numero, singolare e plurale.
Come si può facilmente intuire, il sostantivo o nome è una delle parti variabili del discorso: insieme al verbo esso rappresenta la base, il cuore e il cardine attorno al quale sviluppare tutto l’enunciato o il discorso. E’ quindi un elemento chiave, che non può essere trascurato. Vediamo ora quali sono le principali categorie di nomi.
Queste sono le categorie di nomi di più comune utilizzo:
– propri: con questi identifichiamo individui (nomi di persone, cognomi, appellativi) o singole entità (storiche, geografiche, letterarie…). Per esempio Alice, Torino, Inghilterra… Normalmente si scrivono con la maiuscola
– comuni: questi identificano elementi (persone, animali, cose, luoghi…), in modo generico, all’interno di precise classi o categorie. Per esempio il cuoco, il gatto, il muro, la caverna…
– concreti: si usano per indicare elementi tangibili percepibili con i sensi. Per esempio la casa, il profumo, il sapore…
– astratti: si usano per definire elementi o concetti astratti e immateriali. Per esempio la noia, la crudeltà, la felicità, la paura…
– individuali: questi indicano singoli individui o entità (persone, animali, cose, concetti) indicandoli con il loro nome proprio o comune. Per esempio piatto, uomo, lago…
– collettivi: come dice il nome stesso, questi designano insiemi di individui, animali o cose: gente, stormo, branco…
Tuttavia i nomi o sostantivi possono essere distinti anche in base alla forma, in questo particolare caso avremo le seguenti categorie:
– primitivi: sono i sostantivi che non derivano da nessun’altra parola, sono praticamente formati soltanto da radice e desinenza (quest’ultima è il morfema variabile che ne distingue genere e numero). Per esempio donna, viola, casa…
– derivati: sono invece quelli che nascono dall’aggiunta di prefissi o suffissi ai nomi primitivi. Per esempio città/cittadino, giustizia/ingiustizia…
– alterati: sono quelli che si formano con l’aggiunta di suffissi alterativi diminutivi (bambola/bambolina), accrescitivi (scarpa/scarpone), vezzeggiativi (casa/casetta), spregiativi (vento/ventaccio)
– composti: sono quelli formati dall’unione di due parole, siano esse nomi, che nome + aggettivo, nome + verbo, nome + avverbio, aggettivo + avverbio, o simili combinazioni (camposanto, sordomuto, benestare…)
E’ abbastanza intuitivo formare il genere femminile dei nomi partendo da quelli maschili, questo schema vi aiuterà a memorizzare come fare. I sostantivi maschili terminanti in:
-o cambiano in -a (bambino/bambina);
-e cambiano in -a (signore/signora, professore/professoressa, eroe/eroina) o mantengono la terminazione sempre uguale (il cantante/la cantante)
-iere cambiano in -iera (parrucchiere/parrucchiera)
-a rimangono di solito invariati (il collega/la collega)
-tore cambiano in -trice (scrittore/scrittrice, auditore/auditrice) ad eccezione della parola dottore che diventa dottoressa)
-ista distinguono il genere solo nelle forme plurali (i turisti/le turiste) mentre al singolare rimangono invariati (il turista/la turista)
Ovviamente ci sono delle eccezioni illustri, tanto per complicarci la vita: le eccezioni sembrano stare alla base stessa della grammatica. Queste eccezioni famose sono vocaboli come dio/dea, re/regina, strega/stregone e via dicendo, che seguono regole tutte loro.
Qui invece andiamo a dare uno sguardo a come si forma il plurale dei nomi, anche qui vi forniamo uno schemino indicativo, molto semplice da seguire. In pratica i sostantivi terminanti in:
-a prendono -e al femminile (la pasta/le paste) e -i al maschile (l’astronauta/gli astronauti)
-o, -e prendono -i al femminile (la mano/le mani, la legge/le leggi) e al maschile (il faro/i fari)
-co e -go cambiano in -chi e -ghi (alterco/alterchi) e in -ci e -gi (asparago/asparagi), ma solo alcuni
-ca e -ga prendono -chi e -ghi al maschile (patriarca/patriarchi), e -che e -ghe al femminile (amaca/amache)
-logo formano il plurale in -loghi, se indicano cose (dialogo/dialoghi), in -logi (psicologo/psicologi) se indicano persone
-cia e -gia prendono -cie e -gie (farmacia/farmacie) o -ce e -ge se sulla i del morfema non ci cade l’accento ed è preceduta da consonante (spiaggia/spiagge)
-io prendono -ii se sulla i cade l’accento (addio/addii) e -i se invece non non vi cade (figlio/figli), tranne per la parola tempio/templi, che viaggia per i fatti suoi
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