Questi Mondiali in Qatar, i primi a giocarsi in un Paese mediorientale e in pieno autunno, possono essere ribattezzati come quelli delle polemiche. All’Iran, che ha fatto più un gesto politico contro il suo regime, e alla Germania, ora si aggiunge anche la Danimarca. In una conferenza stampa improvvisata, il presidente della federazione danese si è scagliato contro la Fifa e contro il numero uno, Gianni Infantino, minacciando azioni legali.
Così come i tedeschi, infatti, i danesi avevano chiesto dall’estate all’organizzazione internazionale di calcio di poter utilizzare la fascia da capitano a sostegno della comunità Lgbtqi+, ma non hanno ricevuto risposta fino a quando il torneo non è iniziato. Tra le minacce della federazione all’italo svizzero, comunque, c’è quella di non rinnovargli la fiducia nella prossima votazione per la presidenza, ma soprattutto di lasciare la Fifa. E forse non sono solo minacce, per lo meno non lo è la prima.
I primi quattro giorni, non ancora conclusi, dei Mondiali in Qatar, a parte la batosta dell’Argentina contro l’Arabia Saudita, si potranno ricordare per le prese di coscienza da parte di giocatori, allenatori e federazioni sui diritti umani. D’altronde, c’era da aspettarselo non essendo iniziati sotto i migliori auspici, e con il peso di migliaia di lavoratori migranti morti per costruire le infrastrutture e gli stadi (nel deserto) che li stanno ospitando.
A quel macigno, a cui la Fifa non ha voluto dare risposte, se non in una conferenza stampa alla vigilia del presidente Gianni Infantino che definire ipocrita è un eufemismo, si è aggiunta un’altra onta: quella di aver privato i giocatori di esprimere il proprio consenso alla comunità Lgbtqi+ anche solo attraverso una fascia da capitano dipinta dei colori dell’arcobaleno – quella One Love, per intenderci.
Sollecitata in estate da parte di alcune federazioni che appoggiavano i propri giocatori sull’indossarla, nella fattispecie la Germania, la Danimarca, la Svizzera, l’Olanda, il Belgio, l’Inghilterra e il Galles, l’organizzazione internazionale di calcio ha risposto solo a coppa del mondo in corso dicendo che no, non lo si poteva fare, pena una multa, un’ammonizione a inizio gara per il capitano della squadra e forse anche una squalifica.
Quindi la retromarcia, a cui, però, qualcuno ha iniziato a opporsi. I primi a mostrare la contrarietà alla decisione della Fifa sono stati i tedeschi che, nella consueta foto prima della partita contro il Giappone, si sono tappati la bocca per dimostrare di essere stati messi a tacere. A stretto giro di posta, poi, è arrivata anche una dichiarazione del presidente della federazione danese che la sua voce, al numero uno del calcio, l’ha fatta sentire eccome.
In una conferenza stampa improvvisata, Jesper Moller, ha lanciato il suo atto d’accusa a federazione e Infantino in particolare, minacciando anche azioni legali. “Siamo in una situazione straordinaria – ha detto -. Non sono solo deluso, sono anche arrabbiato. Cercheremo chiarimenti legali a seguito di queste pressioni“.
E comunque qualche segnale che le cose non andassero per il meglio, il presidente della federazione internazionale, lo aveva ricevuto anche prima che iniziasse la spedizione in Qatar.
Oltre al fatto, appunto, che sono stati colti di sorpresa, in un certo senso, per quanto riguarda la fascia da capitano da indossare, in precedenza avevano ricevuto il no per mettere delle maglie d’allenamento che inneggiassero al rispetto dei diritti umani, quindi in aperta battaglia con il Paese mediorientale che ospita la coppa del mondo. E sempre sul tema, lo sponsor Hummel aveva annunciato che avrebbe disegnato delle magliette neutre e senza logo, perché non voleva che il suo nome venisse associato al Qatar e quindi ai lavoratori migranti morti.
Per questo, tra l’altro, dalla federazione avevano deciso che si sarebbero presentati soltanto i giocatori e qualche dirigente in Qatar, insomma le persone indispensabili: niente mogli, niente accompagnatori di sorta.
Perché magari è anche vero che ci sono stati dodici anni per protestare contro la scelta di assegnarli agli emiri, questi Mondiali, ma questo non significa che non ci siano ancora tempo per urlare allo scandalo, e per prendere delle posizioni nette che, giusto per ribadirlo un’altra volta, stanno del tutto oscurando quello che sta effettivamente succedendo sui campi di gioco. Che sì, non è niente entusiasmante – forse perché i giocatori non sono freschi e preparati come dovrebbero? Chissà -, ma almeno un tempo avrebbe comunque catturato tutta l’attenzione del mondo.
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