Anche senza le navi delle Ong che salpano il mar Mediterraneo, i flussi migratori verso l’Italia non si fermano, anzi. Sono già oltre 15mila, i migranti arrivati nel nostro Paese da quando il braccio di ferro del governo di Giorgia Meloni si è trasformato, alla fine dei conti, in un nulla di fatto. E oggi altre persone sono state soccorse dalla Guardia costiera italiana.
Il modus operandi sembra sempre lo stesso. Nonostante le condizioni climatiche non lo consentano, oggi più di un mese fa, i barconi con 5-600 migranti per volta vengono fatti partire dalle coste della Libia. Una sorta di viaggio della speranza che poi si trasforma in una richiesta di soccorso esplicita alla nostra capitaneria di porto e quindi lo sbarco sulle coste siciliane o calabresi.
Tuoni, lampi, fulmini, pioggia, il mare mosso, in tempesta per meglio dire, il freddo non sono un ostacolo per i trafficanti di migranti che dalle coste della Libia, della Cirenaica per la precisione, trasportano ogni giorno 5-600 migranti in grossi pescherecci, troppo piccoli, però, per contenerli tutti.
E quindi ammassati, coperti come possono, impauriti fuggono via da una situazione invivibile, convinti che, una volta arrivati in Italia, dunque in Europa, le cose cambieranno. Per chi ci riesce, forse. Perché in questi, tanti, viaggi di fortuna, in molti perdono la vita.
Ed è quello che è successo anche oggi a quattro delle 500 persone che si sono imbarcate in un peschereccio, direzione Sar italiana, e che la nostra Guardia costiera non ha fatto in tempo a salvare, cosa che ha fatto, invece, con altre sette (sei uomini e una donna) che sono stati recuperati a bordo del mercantile Christina B – altri due sono dispersi.
Un soccorso come ne capitano tanti, ormai, e che porta in scena sempre lo stesso copione_ le autorità algerine, la cui zona di competenza è più lontana rispetto a quella dell’Italia, chiede la collaborazione della nostra capitaneria di porto e parte l’intervento sul posto di mezzi navali e aerei per soccorrere i migranti.
Insomma, il problema tutto era tranne che delle navi delle Ong. E lo dimostrano, ancora una volta, i numeri: nelle ultime tre settimane, ovvero da quando il governo di Giorgia Meloni ha iniziato la sua lotta contro le organizzazioni non governative e con l’Unione europea per far sentire il disagio dell’Italia – finito, come ben si sa, in un nulla di fatto -, sono arrivati ben 15.374 migranti, sbarcati per almeno due terzi da pescherecci provenienti dalla Libia.
Certo, la posizione del nostro Paese facilita i flussi migratori da quelle zone, ma non c’è solo quello a preoccupare i Paesi dell’Ue. Innanzitutto, però, si deve capire che se si vogliono mitigare gli arrivi dalle coste della Cirenaica, non si devono di certo solo bloccare le ong che, ancora con i numeri alla mano, hanno fatto arrivare in “casa nostra” appena 10.276 migranti dei 93.629 sbarcati. Ecco, sì, troppo pochi affinché siano loro il problema da combattere a colpi di disumanità.
Per rendersi credibile agli occhi della Commissione europea, la prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, tra un summit internazionale e un altro, vuole studiare un dossier così puntuale che il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, porterà all’attenzione dei suoi colleghi a Bruxelles per il Consiglio straordinario, e che non possa essere rispedito al mittente, lasciando praticamente le cose come stanno.
Assieme ai ministri interessati, quindi anche Matteo Salvini e Guido Crosetto, Meloni ha convocato anche il capo del Dis, Elisabetta Belloni, e il sottosegretario con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano. Quello che si vuole capire, in pratica, è cosa ci attende. È inverosimile che da qua alla fine dell’anno non si arrivi a quota centomila sbarchi (che non si vedevano dal 2017) e sì, dare la colpa alle ong è come nascondere la testa sotto la sabbia. Il piano Mattei, quello sventolato anche durante il discorso per ottenere la fiducia alle Camere dalla premier, è tutto meno che concreto, e quindi serve altro per convincere gli altri Stati dell’Ue che l’Italia non può e non deve essere lasciata da sola e che sta vivendo un’emergenza senza precedenti.
Perché, per forza di cose, come accennato prima, si dovrà tenere conto anche di altre. Per prima cosa, 128.438 ingressi in Europa sui 275.500, in pratica poco meno della metà, arrivano direttamente dalla rotta balcanica e non da quella del Mediterraneo. Non solo, però, perché si deve pensare anche all’inverno che verrà e quindi alla situazione che si sta vivendo in Ucraina con la guerra che non accenna a finire.
L’idea che possano arrivare nuovi profughi, tanto in Germania e in Polonia – che sono i Paesi che ne hanno accolti di più – quanto nel resto dell’Europa e quindi anche in Italia, non è un’ipotesi da scartare. A oggi è stata già sforata la quota di 150mila rifugiati prevista dal governo di Mario Draghi, e il numero potrebbe crescere ancora e ancora.
Ecco, arrivare preparati significherebbe evitare di farsi ridere in faccia (sì, è un modo di dire) e trovare davvero una soluzione. Che non è ingaggiare nessun braccio di ferro poco fruttuoso con chi non fa altro che aiutare delle povere persone che non fanno altro che aiutare chi si trova in condizioni ben peggiori di noi.
La corretta gestione del Sistema Tessera Sanitaria rappresenta un aspetto fondamentale per tutti gli operatori…
Il volto di una madre che ha perso una figlia racconta spesso più di mille…
Un silenzio solenne avvolgeva le strade, rotto solo dal suono cadenzato dei passi e dal…
Ci sono momenti in cui sembra impossibile mantenere la concentrazione. La mente vaga, le distrazioni…
La stagione fredda porta con sé molte domande sulla routine quotidiana, ma c’è un gesto…
Se c'è un momento in cui tutto sembra sospeso, è quando un atleta raggiunge un…