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C’è anche Andrea Camilleri, con la sua lettera scritta da bambino al Duce, tra i ‘mittenti’ che, ogni giorno, scrivevano a Mussolini durante il Ventennio Fascista. La missiva, raccolta tra le centinaia di lettere selezionate nel documentario di Massimo Martella, ‘Mio Duce ti scrivo’ – presentato proprio oggi, 14 giugno 2016, al Taormina Film Fest – rappresenta uno spaccato ‘illustre’ di ciò che all’epoca era l’apparato propagandistico del regime: nella sua lettera, infatti, il giovanissimo Camilleri mostrava il desiderio di combattere in Abissinia.
Andrea Camilleri, a soli dieci anni, scrive una lettera al Duce sognando di essere un Balilla, come il protagonista di un giornalino illustrato che lo scrittore leggeva da bambino. A raccontarlo è lo stesso Camilleri che ne I racconti di Nenè (una sorta di autobiografia, dall’infanzia agli esordi come regista teatrale prima, e come romanziere poi) spiega come fosse normale, per un bambino nato e cresciuto in pieno regime fascista, desiderare di combattere in Abissinia: ‘In una lettera, spiega Camilleri nel libro dei racconti – dicevo che volevo partire come volontario per l’Africa Italiana, per fare la guerra. In quegli anni leggevo un settimanale per i giovani dove venivano raccontate le imprese africane di un Balilla, mascotte del nostro esercito in Africa’. La lettera in questione era indirizzata proprio a lui, a Benito Mussolini, destinatario di migliaia di messaggi, tra richieste di aiuto, denunce e fedeltà al regime. Uno scritto che testimonia, così come le migliaia di lettere raccolte nel documentario ‘Mio Duce ti scrivo‘, un pezzo di Sicilia in cui era particolarmente radicato il meccanismo della propaganda fascista.
Il documentario, realizzato da Massimo Martella, racconta, infatti, l’Italia di quegli anni attraverso le centinaia di migliaia di messaggi che gli italiani scrivevano al Duce. Accompagnate da una serie di immagini che raccontano il Ventennio fascista, le lettere, scritte da donne, uomini e, come nel caso di Camilleri, anche da bambini, sono l’eccezionale testimonianza della tendenza, tutta italiana, ad avere un capo carismatico da ammirare e da seguire. Non solo: le missive raccolte nel documentario spiegano bene anche la forza che il regime esercitava attraverso la propaganda fascista, testimoniata dallo stesso Camilleri che, riferendosi al protagonista del giornalino che leggeva da piccolo – suo coetaneo e combattente contro gli abissini – ha più volte ripetuto: ‘Impazzivo all’idea di essere come lui’.