Andrea Pirlo ha deciso: a dicembre dirà basta con il calcio. Chiuderà la sua avventura negli Stati Uniti e appenderà le scarpe al chiodo. Lascerà scadere il contratto con i New York Fc, perché lui è sempre stato un uomo corretto oltre che un vero e proprio professore del pallone. Lo ha rivelato lui stesso, l’ex Inter, Milan e Juventus, il regista sopraffino con il vizietto dei gol su calcio di punizione. “Ti rendi conto da solo che è arrivato il momento. Ogni giorno hai problemi fisici, non riesci più ad allenarti come vorresti perché hai sempre qualche acciacco. Alla mia età ci sta di dire basta. Non è che puoi andare avanti per forza fino ai 50. Farò qualcosa d’altro”.
In campo, per la visione del gioco, Andrea Pirlo è anche un allenatore. Come si suol dire, il vero allenatore in campo. Ma finita la carriera con il pallone tra i piedi, difficilmente vedremo il centrocampista finire in panchina come hanno fatto tanti suoi ex compagni e amici: “Nesta, Gattuso, Inzaghi, Shevchenko, Grosso, Cannavaro, Zambrotta, Brocchi, Oddo. Ormai tutti hanno deciso di proseguire la carriera nel mondo del calcio, passando dal campo alla panchina. Non è detto, però, che siccome sei stato un buon giocatore, puoi farlo. Devi essere predisposto e avere la prova del campo. Deve scattarti la scintilla. A me non è ancora scattata“.
Andrea Pirlo è uno dei tanti calciatori transitati dall’Inter e diventati campioni dopo essere andati via dal Biscione. Dal settore giovanile del Brescia e poi con la prima squadra ed Edoardo Reja ad allenarlo, il professore è infatti stato acquistato dall’Inter nel 1998, a 19 anni. Diciotto presenze in campionato, spesso entrando al posto di qualche titolare. Ma a Milano storcono il naso, è fragile e timido questo giocatore. Lo danni in prestito alla Reggina e qui Pirlo è protagonista di un grande campionato: 28 presenze e 6 gol.
Torna all’Inter, ma gioca appena 8 partite e a gennaio torna nella sua Brescia, in prestito. L’intuizione di Carletto Mazzone è geniale: Pirlo regista arretrato, davanti alla difesa. Forma con Roberto Baggio una coppia difficilmente replicabile da qualche altra parte. Il Brescia termina settimo, Pirlo ad aprile si frattura il quinto metatarso del piede destro. L’Inter non è convinta però che il giocatore sia pronto per un grande e lo cede al Milan, nel 2001, per 35 miliardi di di lire, comprensivi del cartellino di Drazen Brncic. Qui inizierà il percorso glorioso di Pirlo.
Andrea Pirlo, al Milan sboccia eccome. Complici gli infortuni di Gattuso e Ambrosini, Carlo Ancelotti lo ripropone come regista arretrato del 4-3-1-2. Il primo gol su punizione arriverà il 30 marzo del 2002 contro il Parma. Quando l’allenatore, l’anno dopo, inventa l’albero di Natale, Pirlo c’è ancora. E gioca in un centrocampo stellare, con Seedorf, Rui Costa e Rivaldo. Vince la Coppa Italia e la Champions League, sconfiggendo la Juventus a Manchester. In stagione, gioca 42 volte e segna 9 gol (8 su rigore).
Pirlo è “uno Zico davanti alla difesa“. La definizione è dell’allenatore brasiliano Parreira. E come dargli torto? Pirlo è ormai elemento fondamentale del Milan e della Nazionale italiana. Intelligente, pensa un attimo prima degli altri. E ha il piedino brasiliano, proprio come Zico. Smarca i compagni, su punizione diventa praticamente perfetto. Inventa la cosiddetta ‘maledetta’. Vince il primo scudetto della sua carriera, realizzando 8 gol in 44 presenze. Rispetto a Zico, però, Pirlo può dire ai nipotini di aver vinto un campionato del mondo, con l’Italia nel 2006, in Germania. Risolvendo con un passaggio perfetto la semifinale contro i padroni di casa, per l’1-0 di Fabio Grosso.
Affezionato evidentemente alle squadre con la maglie a strisce, nell’estate del 2011 Andrea Pirlo un po’ a sorpresa lascia il Milan (dopo aver vinto un’altra Champions League e un altro scudetto) per approdare alla Juventus di Antonio Conte. A Milano sono convinti che ormai il prof abbia dato il meglio della sua carriera. Lui, a Torino, andrà a conquistare quattro scudetti consecutivi, da aggiungere all’ultimo vinto con i rossoneri (cinque di seguito, dunque). E disputerà pure una finale di Champions League, persa contro il Barcellona. L’estate successiva, la decisione di un’avventura negli Stati Uniti.
‘Maledetta’ per i portieri. Copyright di Andrea Pirlo. Viene chiamata così la punizione calciata dal centrocampista e che si abbassa all’improvviso, buggerando quasi tutti i portieri. Addirittura il Mit (Massachusetts Institute of Technology, ovvero uno dei più prestigiosi politecnici del mondo con sede a Cambridge, in Massachussetts) si è messo a studiare le punizioni del professore italiano. Pare che Pirlo, a sua volta, l’abbia imparata da Juninho Pernambucano. Quest’ultimo ha ammesso però che Pirlo ha portato dei miglioramenti al suo modo di tirare, tanto da definire l’italiano “un demonio”. “Non ha solo copiato il mio tiro, ma lo ha migliorato. Se fossi ancora in attività, cercherei di farmi spiegare le sue modifiche per impararle”.
Ma allora, com’è questa maledetta? “La magia che stavo inseguendo non dipendeva dal punto in cui colpivo la sfera, ma dal come: Juninho non la prendeva con tutto il piede, bensì con sole tre dita. Il giorno dopo sono andato a Milanello e, senza togliermi nemmeno i mocassini, ho cominciato a provare. Fu subito un tiro perfetto, all’angolino. Finalmente avevo battuto il fantasma di Juninho. La palla andava calciata da sotto, usando le prime tre dita del piede. E il piede andava tenuto più dritto possibile, e poi rilasciato con un colpo secco. In quel modo la palla in aria restava ferma e, a un certo punto, scendeva velocemente verso la porta, girando con l’effetto”.
Andrea Pirlo studiato al Mit, Andrea Pirlo oggetto di studio pure degli psicologi. Sì, perché alla fine l’idea degli studiosi è che il prof faccia parte di quella ristretta schiera di top player che possiedono capacità esecutive superiori. Non solo caratteristiche fisiche e tecniche, insomma, ma un pensiero superiore e più veloce. E chissà che Pirlo non possa diventare il modello di un test neuropsicologico per scoprire, fin da quando sono giovanissimi, futuri e molto probabili campioni del calcio.
Chissà se un giorno qualcuno di loro ripercorrerà la strada del padre. Intanto, Andrea Pirlo si gode due famiglie numerose, la seconda da poco impreziosita dalla nascita di due gemelli. La nuova compagna, Valentina Baldini, ha partorito due maschietti lo scorso 7 luglio. Pirlo, già con l’ex moglie Deborah Roversi, aveva avuto due figli, Angela e Nicolò. Nel 2014 fece scalpore il divorzio del giocatore da Deborah. Fu Andrea a mollare tutto per Valentina. I due oggi vivono negli Stati Uniti, ma a dicembre torneranno in Italia.
Deborah Roversi ha rivelato recentemente di come l’ex marito non passi per intero l’assegno da 53 mila euro al mese, di mantenimento. Pirlo ed ex moglie sono stati sposati per 13 anni. Qualcuno ha criticato Deborah dopo aver saputo quanto Andrea le verserebbe ogni mese, ma lei ha smentito: “Non ho mai visto tutti questi soldi, ne prendo meno di un terzo. Io mi sono annullata per lui, il mio matrimonio è stato di vero amore. Eravamo appena sedicenni: Pirlo giocava da poco nel Brescia ed entrambi non sapevamo che sarebbe diventato un campione. Non è stato semplice rinunciare a me stessa. Il mio amore era allo stesso tempo abnegazione e rinuncia”.
Nella Major League Soccer, a New York, Andrea Pirlo guadagna 5,1 milioni di euro l’anno che, con i bonus, diventano 5,4. Niente male per un calciatore che si avvicina alla soglia dei 40 anni ma che, come detto, a dicembre dirà basta con il calcio giocato. Per questa stagione, l’ex Milan e Juve, era al quarto posto nella classifica degli atleti più pagati nella lega americana. Davanti a lui Kakà, Sebastian Giovinco e Bradley.
L’arma di Pirlo non è mai stata quella del fisico, anche se con gli anni ha imparato pure a lottare in mezzo al campo. Alto 177 centimetri, pesa 68 chilogrammi. Se da giovane qualcuno dubitava della sua capacità di emergere in un calcio come quello moderno, dove la forza la fa da padrona, crescendo Andrea ha fatto ricredere tutti. Pochi gravi infortuni in carriera, tanta classe e le intuizioni al momento giusto che, probabilmente, gli hanno permesso anche di evitare gli interventi dei difensori avversari. Perché lui ha sempre dato via la palla un attimo prima che gli avversari potessero avventarsi contro.
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