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Animali clonati, Cina apre la più grande fabbrica del mondo a scopo alimentare

La clonazione animale è sin dai tempi della pioneristica pecora Dolly uno degli argomenti più spinosi e controversi legati al progresso scientifico e alle questioni etiche ad esse correlate: da questo punto di vista non sembra porsi molte problematiche la Cina, che ha deciso di aprire una fabbrica di animali clonati a scopo alimentare, la più grande del mondo a quanto suggeriscono le fonti giornalistiche. E così, mentre in Europa il Parlamento pone l’alt a qualsiasi pratica di questo tipo sui prodotti alimentari, il governo cinese autorizza l’accordo che porterà ad una produzione di cani, vitelli, cavalli e primati non umani attraverso le tecnologie di ultima generazione.

La fabbrica, stando quanto riporta l’agenzia di stampa cinese Xinhua, sorgerà a Tianjin, il porto a poche centinaia di chilometri da Pechino salito alla ribalta delle cronache lo scorso agosto, per l’esplosione di un deposito che avrebbe rilasciato nell’ambiente sostanze chimiche tossiche non meglio precisate, e dovrebbe aprire i battenti già a giugno 2016: l’accordo tra l’azienda Sinica, che produce staminali, e Teda, l’area per lo sviluppo tecnologico di Tianjin, è già stato siglato sulla base di un accordo economico equivalente ai nostri 30 milioni di euro, per una previsione iniziale di 100mila capi l’anno fino a raggiungere il milione. Lo scopo della Cina è ufficialmente quello di migliorare la qualità degli allevamenti, ma nemmeno troppo velatamente il vero fine pare proprio essere abbattere i costi della carne da macello, giacché il primo animale ad essere clonato è niente meno che il vitello giapponese, un manzo di alta qualità i cui costi attuali sul mercato sono esorbitanti.

Era il 1996 quando la pecora Dolly venne clonata in Europa, e da allora ci sono stati molti tentativi di clonare cellule animali ed altrettanti stop, con le associazioni animaliste sempre in prima fila per fermare la ‘barbarie tecnologica’: se in Europa vige il divieto assoluto, negli Usa invece esistono allevamenti simili a quelli ideati in Cina, ma su scala ridotta. Al contrario le autorità di Pechino sono pronti ad investire fortemente in questo settore, con l’idea non solo di coprire il 5 per cento del mercato autoctono della carne da macello come preventivato con la fabbrica di Tianjin, ma anche per testare nuovi farmaci o riprodurre le specie in via di estinzione, come già fanno altre fabbriche di animali clonati presenti sul territorio, in modo da diventare leader assoluto e monopolista del settore. Resta da capire come l’opinione pubblica cinese, già fortemente provata da vari scandali alimentari, deciderà di accogliere sul mercato la carne clonata, a maggior ragione se allevata nei pressi dell’impianto chimico che lo scorso agosto ha ucciso 165 persone, e rilasciato nell’ambiente un non meglio precisato numero di sostanze chimiche, la cui portata tossica è ancora adesso oggetto di studio.

Giulio Ragni

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