Gli animali, nell’arte, hanno avuto da sempre un ruolo importante: dalla simbologia antica a quella contemporanea, la loro rappresentazione ha tradotto – in ogni epoca, da quella preistorica alla greco-romana, da quella medievale all’epoca moderna e rinascimentale – l’esigenza dell’uomo di raffigurare ciò che lo circonda. Stupefacente, curioso e, soprattutto, fonte di sostentamento, il mondo animale ha affascinato fin dalla preistoria la vita dell’uomo, diventando oggetto di rappresentazione allegorica e di significati simbolici.
La storia dell’arte, dunque, è ricca di opere che raffigurano gli animali, la cui rappresentazione cambia in base alle diverse epoche storiche. Nell’arte antica, ad esempio, da quella egizia al primo medioevo, il significato ‘artistico’ degli animali era di natura magica o religiosa: raffigurare una bestia in epoca preistorica, infatti, era di buon auspicio per la caccia o la pesca, mentre la rappresentazione più naturalistica, quasi scientifica, dell’arte greca e romana testimonia quella ricerca di perfezione tipica delle arti figurative classiche.
L’arte cristiana, invece, trae spunto dalla simbologia delle Sacre Scritture che, ricche di allegorie, raffigurano gli animali con un preciso significato ‘spirituale’: da una parte quelli ‘puri‘, come l’agnello (simbolo del martirio di Cristo), il pesce (il cui nome greco, ichthys, era l’acronimo di Iesùs Christòs Theoù Yiòs Sotètur, ‘Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore’) o la colomba (simbolo di pace) e dall’altra quelli ‘impuri‘, i rettili, simboli per antonomasia di tentazione diabolica, i maiali e i rapaci.
(Ultima Cena, mosaico del VI secolo, basilica di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna)
L’aspetto ‘naturalistico‘ che distingue la rappresentazione degli animali nell’arte greca e romana, si ritrova sia in quella tardo medievale che (in parte) in quella rinascimentale quando gli artisti, attratti dall’aspetto e dalla vita degli animali, ne rappresentano le caratteristiche in modo preciso e molto simile al vero.
Nel primo Medioevo ‘artistico’, di contro, è presente la concezione simbolica che l’arte cristiana attribuiva agli animali, anzi, è ancora più evidente: da una parte esorcizza il male dall’altra enfatizza il bene. Ecco quindi che accanto all’iconografia del Buon Pastore (Cristo), si afferma, anche nell’arte, il concetto del tetramorfo, simbologia di origine mediorientale che raffigura, dal XI secolo in poi, l’immagine biblica dei quattro Evangelisti, tre dei quali associati ad animali: Matteo, rappresentato come un uomo (alato) poiché il suo vangelo esordisce parlando della discendenza di Gesù, quindi del suo lato umano; Giovanni, raffigurato come un’aquila perché il suo vangelo ha una visione più spirituale, rivolta verso l’Altissimo; Marco, raffigurato da un leone perché all’inizio del suo vangelo parla di Giovanni Battista e della sua voce che, nel deserto, ‘si eleva simile a un ruggito‘; e Luca, raffigurato come un bue/vitello in richiamo al sacrificio di Zaccaria di cui parla all’inizio del suo vangelo. Questo tipo di iconografia è stata utilizzata per secoli nella decorazione delle chiese, dai mosaici di Santa Pudenziana a Roma al portale della cattedrale di Chartres, in Francia.
(Tetramorfo, portale della cattedrale di Burgos, in Spagna)
Col passare dei secoli, e con i cambiamenti sociali dovuti alle nuove scoperte geografiche, la simbologia legata agli animali nell’arte subisce una trasformazione anticipata da Giotto già alla fine del Duecento quando, rappresentando gli animali nel loro ambiente naturale, fuori da schemi simbolici o di allegorie, segna una svolta importante nella visione pittorica della realtà.
Gli animali nell’arte rinascimentale
Come già quella medievale (e, ancor prima, quelle romana, greca ed egizia), anche l’arte rinascimentale ha un simbolismo ben preciso legato agli animali: la visione, tuttavia, è diversa, non più spirituale come in passato ma laica, legata alle faccende terrene e ai valori tipici di una nuova società – prestigio, rispettabilità, solidità politica. Molto frequenti, in questo periodo, sono ad esempio i monumenti equestri, simbolo di potere da parte di chi li commissionava, o i ritratti nobiliari dove, accanto all’uomo/donna riprodotti compariva sempre un elemento simbolico. Il cane è uno di quelli maggiormente rappresentati e richiama, nella simbologia degli animali nell’arte, il valore della fedeltà.
Ma, non solo cani, le opere pittoriche di questo periodo sono ricche di animali di ogni tipo, grazie anche ai disegni di Leonardo che introducono a quella che sarà l’illustrazione zoologica moderna: non solo dipinti straordinari come La Dama con l’ermellino, il genio creativo dell’artista toscano ha prodotto un’infinità di disegni dedicati agli animali, frutto di lunghe giornate di studio e di osservazione per riprodurli in maniera perfetta.
Oltre a Leonardo, tanti altri artisti dell’epoca si sono cimentati nel raffigurare animali: da La dama con liocorno di Raffaello, a Ritratto di dama con un cane di Lorenzo Costa, da la Venere d’Urbino di Tiziano, all’Annunciazione di Lorenzo Lotto. In quest’ultimo caso, l’animale che figura al centro della scena non è un cane (simbolo ‘positivo’ di fedeltà) ma un gatto che, nella simbologia legata agli animali nell’arte, ha una valenza (quasi) satanica. Qui il significato è duplice poiché da una parte enfatizza l’apparizione improvvisa dell’Arcangelo, dall’altra rappresenta l’eclissarsi del Maligno di fronte al Messaggero di Dio.
(Annunciazione, Lorenzo Lotto, Museo Civico di Recanati)
Gli animali nell’arte contemporanea
La simbologia legata agli animali nell’arte contemporanea, infine, risente dell’atteggiamento, molto più libero rispetto al passato, degli artisti di fronte alla natura: ognuno propone la sua visione personale, portando sulla tela le inquietudini dell’uomo tra il XIX e il XX secolo – dagli animali fiabeschi e talvolta umanizzati di Chagall, a quelli feroci di Henri Rousseau, dalle celeberrime scimmie di Frida Kahlo alle molteplici versioni dei buoi di Picasso.
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