Una data che non deve esser dimenticata. 35 anni fa una frana che sconvolse la Valtellina, portandosi con sé ben 53 vittime e lasciando dietro di sé la distruzione più totale. Uno scontro fra l’aria fredda e l’aria calda e la valanga che viene giù.
40 milioni di metri cubi di roccia scendono giù a valle, trasportando con sé tutto ciò che si trovano davanti.
Dal 18 al 28 luglio del 1987, la Valtellina viene sconvolta da una tremenda tragedia che nessuno più dimenticherà. Roccia e terra che si staccano dalla montagna e che vengono giù a forte velocità, rovesciandosi, in particolare, sui comuni di Valdisotto e Tartano. Un bilancio di 53 vittime e l’Italia intera che, ogni anno, le ricorda.
Cosa accadde di specifico? Alla fine di luglio di quell’anno, una massa d’aria fredda proveniente dall’Artico tocca le zone alpine che, proprio in quel periodo, stavano soffrendo il caldo, un po’ come sta succedendo oggi. Un qualcosa “di termico” che fino ad allora non si era mai visto: temperature alte ma la pressione che crolla, data dallo scontro di caldo e freddo.
10 giorni di temporali estivi, anche forti su tutta la provincia di Sondrio, ma i ghiacciai anche ad alta quota, non resistono perché comunque fa caldo e le temperature sono alte. Si sciolgono e vanno a riempire i corsi d’acqua già pieni a causa delle abbondanti piogge. Una bomba d’acqua vera e propria che la terra e le montagne non riescono più a mantenere.
Tutto crolla a valle, distruggendo strade, case e paesi (in particolare quello di Valdisotto e Tartano), portando con sé anche 53 vittime.
Le piogge sono state incessanti a partire dal primo dei 10 giorni, il 18 luglio. La loro forza era al di sopra delle aspettative di una classica pioggia d’estate e colpiscono, all’inizio, in particolare il Comune di Tartano. Un fiume di fango inizia a scendere a valle, tranciando in due un condominio e sbattendolo contro la strada, senza causare fortunatamente vittime.
Poi colpisce un albergo, e qui le vittime ci sono e come: ben 19 purtroppo. Anche il fiume Adda rompe i suoi argini e l’acqua inizia a sommergere i comuni circostanti. La stessa cosa accade per il torrente Torreggio. Un fiume d’acqua che sembra non arrestarsi mai se pensiamo che, poi, le piogge si sono spostate, nei giorni successivi, nella parte alta della Valtellina.
Questa volta sono proprio le montagne a dare segnale che non riusciranno a reggere questa inondazione d’acqua per molto tempo. È il Monte Zandila a dare i primi segnali, visto che, ai suoi piedi, cominciano a formarsi delle fenditure. Vengono evacuati interi comuni (un totale di 1200 persone).
Ma è il 28 luglio che la situazione si fa più tragica del previsto. Intorno alle 7.20 del mattino, è proprio una parete del monte Zandila a cedere, “gettando” a valle circa 40 milioni di metri cubi di roccia. Nel suo tragitto, restano distrutti i comuni di Aquilone, Valdisotto e Sant’Antonio Morignone e decine sono i morti.
La frana però non fa terminare qui i suoi danni. Cadendo a valle, ha bloccato il corso del fiume Adda, già ingrossato di suo, andando così a formare un lago di capienza di oltre un milione di metri cubi d’acqua. Una corsa contro il tempo per sgomberare il corso dell’acqua da tutti i detriti, tanti ancora gli abitanti evacuati e sarà soltanto il 30 agosto che lo scorrere dell’acqua del fiume torna regolare.
Una tragedia imprevista ma che ha portato via con se 53 persone, vittime di una delle più grandi frane che ha colpito la Valtellina.
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