Oggi ricorre il 31esimo anno della strage in via d’Amelio, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e 5 membri della sua scorta.
Insieme all’attentato di Capaci, indirizzato a Giovanni Falcone che con lui in quel periodo stava conducendo un’inchiesta importante su Cosa Nostra, è considerato il gesto mafioso più grave nella storia contemporanea italiana, che vede fra i mandanti ed esecutori, nomi come quello di Matteo Messina Denaro. Oggi Giorgia Meloni è a Palermo, per rendere omaggio alla memoria delle vittime e l’occasione è stata spunto per ricordare, ancora una volta, che l’Italia è determinata a combattere la mafia, la stessa cosa ha ribadito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, coinvolto in prima persona dal momento che suo fratello Piersanti perse la vita proprio per un attentato di stampo mafioso.
L’attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, avvenuto pochi mesi dopo quello in cui fu ucciso il collega Giovanni Falcone, è uno dei fatti mafiosi più orribili del nostro Paese. Come per la Giornata della Memoria che ricorda le vittime dell’Olocausto, anche questa strage non deve essere dimenticata perché è l’unico modo per rinnovare l’impegno nella lotta alla mafia e riprendere in mano un Pese dove purtroppo Cosa Nostra è radicata da anni.
La malavita, in Sicilia specialmente, contamina come una malattia la politica, le istituzioni, le forze dell’ordine, il campo edile e ovunque di sia qualcosa da guadagnare economicamente e in termini di potere e controllo sul territorio. È ora di riprendere il controllo della situazione e ripulire questa immagine che porta il nostro Paese a essere associato alla criminalità anche fuori dai confini.
Proprio a Palermo Giorgia Meloni si è recata oggi in occasione del 31esimo anniversario della morte di Borsellino e di 5 agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina. Quel 19 luglio del 1992, il giudice aveva appuntamento con la madre in via d’Amelio, per accompagnarla dal cardiologo per una visita importante.
I mafiosi però da tempo controllavano i suoi movimenti perché era un uomo scomodo, incorruttibile, che stava ficcando il naso da tempo in cose che non doveva. Intercettarono la telefonata e prepararono un attentato a base di tritolo, posizionato all’interno di una vettura parcheggiata nel punto dove Borsellino era diretto. Con un comando a distanza, esplose nel momento giusto distruggendo le auto circostanti, i primi piani della palazzina e spezzando le vite di 6 persone e le speranze degli italiani che in quell’uomo vedevano il massimo del concetto di giustizia.
Ogni anno ci sono diverse iniziative per commemorare quel terribile evento. La premier Meloni è a Palermo ma ancor prima, la sua presenza si è fatta sentire con una lettera al Corriere della Sera, dove ha rinnovato l’impegno personale e del governo contro le mafie.
Oggi presiederà il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, per fare il punto sul lavoro svolto nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata, da parte delle istituzioni.
“C’è tanto da fare ma il nostro impegno non si esaurirà mai. La lotta alla mafia fa parte di noi ed è una parte importante della nostra identità. Lo dobbiamo a Borsellino, a Falcone e a tutti coloro che sono morti per la giustizia rendendo onore all’Italia”.
La presidente del Consiglio ha incontrato a Palermo il secondogenito del giudice, Manfredi Borsellino, che è un commissario di polizia presso la Caserma Lungaro. Qui ha depositato una corona d’alloro per onorare i caduti delle stragi di mafia. Successivamente ha avuto un breve colloquio con i familiari.
C’è stata poi la visita alla tomba di famiglia e poi ha reso omaggio anche a quella di Falcone.
Tante le iniziative promosse oggi ma mentre Meloni si appresta ad andare in Prefettura per il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, non è prevista la sua partecipazione a una fiaccolata che ci sarà stasera e sono nate delle polemiche a riguardo che però dalla città siciliana, Giorgia Meloni ha subito messo a tacere.
“Leggo che avrei scelto di non partecipare per paura delle critiche. Da chi? Dalla mafia? Non sono mai scappata in tutta la mia vita. Non ho paura, il mio governo ha fatto tutto quello che andava fatto sul contrasto alla criminalità organizzata e sta lavorando bene in tal senso” ha commentato.
Poi, intervistata dei media, ha chiarito la questione sul concorso esterno in associazione mafiosa e sulle polemiche verso Nordio. “Lui stesso ha detto che non era una cosa prevista nel programma di governo e infatti non ci sono stati provvedimenti su questo”.
Ma Giorgia Meloni non è l’unica ospite del mondo politico a Palermo oggi, c’è anche Elly Schlein, che ha partecipato al minuto di silenzio insieme alle Agende rosse di Salvatore, fratello della vittima, nell’ora esatta dell’esplosione. Nel luogo dove avvenne, si sono raccolti oggi tanti manifestanti, sia singoli cittadini che appartenenti ad associazioni e movimenti, tutti uniti dallo slogan “Basta Stato-mafia”.
La segretaria del Pd ha sottolineato l’importanza dell’intervento in primis dello Stato e poi dei servizi, tutelando coloro che già ora sono nel mirino della mafia perché cercano di rispettare le regole e lavorare in trasparenza, nonché gli imprenditori che non cedono ai ricatti.
Infine, ma non per importanza, riportiamo l’intervento di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica ha perso il fratello Piersanti proprio per un attentato mafioso. “Il nome di Borsellino, così come quello di Falcone, è legato ai successi investigativi e processuali che portarono allo scoperto la magia ma anche alla dignità della comunità nazionale nel reagire per liberare l’Italia dalla criminalità. Loro avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta” ha detto nel suo intervento.
Alle 16.58 del 19 luglio 1992, il giudice Paolo Borsellino venne ucciso da un attentato dinamitardo, insieme ai 5 agenti della scorta che erano con lui.
Assassinato a Palermo, come il collega Giovanni Falcone, è uno dei nomi che per sempre rimarrà legato alla lotta contro la mafia. La strage di via d’Amelio e quella di Capaci sono gli eventi più tragici in questo contesto, entrambi di stampo terroristico-mafioso.
Era una domenica di luglio come tante altre ma dopo la morte di Falcone avvenuta pochi mesi prima, l’allerta era alta intorno alla figura di Borsellino. I due stavano conducendo un’inchiesta importante che aveva portato a smantellare tanti nomi di Cosa Nostra grazie a indagini approfondite.
Quello di Paolo Borsellino era un nome scomodo, il giudice infatti era incorruttibile e non aveva paura di nulla, andando avanti nonostante le minacce ricevute e nonostante intorno a lui stessero morendo tante persone che ficcavano troppo il naso negli affari della criminalità organizzata siciliana.
Sono passati 31 anni fra processi, inchieste e depistaggi che non hanno ancora fatto piena luce su tutti coloro che sono coinvolti nell’attentato in via d’Amelio. Quel giorno il giudice era andato a prendere sua madre, accompagnato dagli agenti della scorta che gli erano stati assegnati, nonostante lui non volesse, per la sua sicurezza personale in un periodo molto tensivo a Palermo. Fra quegli agenti c’era anche Emanuela Loi, prima donna della polizia a far parte di una scorta e a cadere in servizio. Poi c’erano Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Solo un sesto agente si salvò perché in quel momento stava parcheggiando la vettura.
Già negli anni Ottanta in realtà Cosa Nostra aveva puntato Borsellino perché stava seguendo le indagini sull’assassinio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Però i primi tentativi arrivarono nella fine degli anni Ottanta, quando era procuratore capo a Marsala e Salvatore Riina incaricò alcuni uomini di controllare le sue mosse.
Nella prima settimana di luglio venne effettuato un sopralluogo in via d’Amelio: Cosa Nostra stava organizzando l’attentato verso Borsellino, nella strada dove abitava la madre al civico 21.
Dopo aver perlustrato bene la zona, il passo successivo fu quello di rubare una Fiat 126 e a farlo fu Gaspare Spatuzza, che divenne poi collaboratore di giustizia rivelando molte informazioni intorno a questa strage.
L’auto venne controllata da un meccanico di fiducia e imbottita con 90 chili di esplosivo, telecomandati a distanza. L’esplosione, potentissima, ci fu alle 16.58, orario in cui Borsellino arrivò sotto casa della madre. Nello scenario apocalittico che seguì, l’agente sopravvissuto raccontò ai giornalisti di essere stato sbalzato con l’auto, dall’onda d’urto della bomba e di aver visto quando scese, brandelli di carne umana sparsi ovunque.
Tanto l’orrore ma ripercorrere quelle ore è fondamentale per costruire uno Stato contro la mafia e anche noi nel nostro piccolo, speriamo di avervi reso più consapevoli di cosa la criminalità organizzata è stata capace di creare nei primi anni Novanta, periodo in cui ci furono molte stragi in tante città italiane.
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