Si deve temere il 5G? Sempre più Comuni italiani dicono ‘no’ alle antenne, e la crisi sanitaria innescata dal Coronavirus ha alimentato il dibattito su una tecnologia che alcuni ritengono potenzialmente dannosa. Ma la scienza smentisce: nessuna pericolosità provata dai test finora condotti, né sul fronte del rischio neoplasie né su quello della diffusione del Covid-19.
Il 5G, tecnologia di telefonia mobile di quinta generazione, è tema di dibattito che divide: da una parte chi lo ritiene potenzialmente dannoso, cancerogeno o addirittura catalizzatore della diffusione del Sars-CoV-2, dall’altra chi, come la comunità scientifica, smentisce un’evidenza in tal senso alla luce dei numerosi studi finora condotti.
Ma in Italia le ordinanze anti-antenne si moltiplicano (al 10 luglio circa 500 Comuni avrebbero detto ‘no’ con propri provvedimenti), sulla scia di una preoccupazione di natura sanitaria non ufficialmente riconosciuta da organi come Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e ISS (Istituto Superiore di Sanità).
L’esplosione della pandemia da Coronavirus ha alimentato i sospetti di molti, e da poche decine di amministrazioni locali contrarie si sarebbe passati ad alcune centinaia nel giro di pochi mesi.
Il filo conduttore di questa posizione è costituito dal convincimento che le onde elettromagnetiche possano in qualche modo agevolare le condizioni per la diffusione dei contagi e per lo sviluppo di tumori.
Così, a finire sul banco degli imputati, in tante parti d’Italia e in tante altre aree de mondo, è proprio la tecnologia 5G. Ma quanto c’è di vero dietro la paura di una correlazione tra antenne e malattie?
Nei mesi precedenti l’emergenza Covid-19, le principali accuse rivolte a questo tipo di tecnologia si fondavano essenzialmente sul presunto potenziale cancerogeno. Con l’avvento della pandemia, nel mirino dei contrari è finito il presunto contributo alla diffusione del virus. Accuse pesantissime, capaci di sollecitare grandi paure su scala internazionale, ma cosa dice la scienza?
La scienza smentisce l’esistenza di prove certe di pericolosità a carico del 5G. L’Organizzazione mondiale della sanità ha sottolineato l’assenza di evidenze che giustifichino la tesi di rischi simili per la salute, e sul sito dell’Oms si legge quanto segue.
“Ad oggi, e dopo molte ricerche condotte, nessun effetto negativo sulla salute è stato causalmente associato all’esposizione a tecnologie wireless. Le conclusioni sulla salute sono tratte da studi condotti sull’intero spettro radio ma, finora, sono stati condotti solo pochi studi alle frequenze che saranno utilizzate dal 5G. Il riscaldamento dei tessuti è il principale meccanismo di interazione tra i campi in radiofrequenza e il corpo umano. I livelli di esposizione alla radiofrequenza delle attuali tecnologie provocano un aumento trascurabile della temperatura nel corpo umano. All’aumentare della frequenza, vi è una minore penetrazione nei tessuti del corpo e l’assorbimento dell’energia diventa più limitato alla superficie del corpo (pelle e occhi). A condizione che l’esposizione complessiva rimanga al di sotto delle linee guida internazionali, non sono previste conseguenze per la salute pubblica“.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità ha ribadito lo scenario che sarebbe attualmente disponibile sotto la lente degli esperti e che rimanderebbe all’assenza di conferme sull’ingerenza del 5G in materia di sviluppo di neoplasie e Covid: “I dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione del 5G. Tuttavia è importante che l’introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione (come del resto
avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile) e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine“.
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