Tensione alle stelle nel Golfo dopo la decisione di Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi ed Egitto di chiudere i rapporti diplomatici con il Qatar, sbarrando tutte le frontiere aeree e terrestri verso Doha che viene accusata di fomentare il terrorismo nei paesi confinanti e in Yemen. La rottura è drastica: i diplomatici del Qatar hanno 48 ore per lasciare le quattro nazioni, il paese è stato espulso dalla coalizione militare contro i ribelli sciiti nello Yemen ed è stato messo in atto il blocco totale dei voli, delle navi e dei confini, mettendo a rischio anche i Mondiali 2022 del Qatar. La decisione è senza precedenti e rischia di portare altro caos nel Golfo e non è un caso che arrivi dopo la visita di Donald Trump a Riad. Il vero motivo non sarebbe il finanziamento del terrorismo (cosa che gli stessi sauditi hanno fatto per decenni), ma il dominio nel Golfo e soprattutto lo scontro tra Arabia Saudita e Iran.
“Il governo del Regno dell’Arabia Saudita, esercitando i suoi diritti sovrani garantiti dal diritto internazionale e proteggendo la sicurezza nazionale dai pericoli del terrorismo e dell’estremismo, ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche e consolari con lo Stato del Qatar“, si legge nella dichiarazione dell’agenzia stampa ufficiale di Riad.
La motivazione ufficiale è legata al terrorismo che Doha finanzierebbe allo scopo di destabilizzare la regione grazie al “sostegno alle attività terroristiche armate e i finanziamenti legati a gruppi iraniani“, come accusa la nota emessa dal Bahrein. Il ministero degli Esteri del Qatar ha espresso rammarico per la decisione che definisce “ingiustificata” arrivata con “misure ingiustificate che si basano su rivendicazioni e accuse prive di fondamento“, come dichiarato alla tv Al Jazeera.
IL PRECEDENTE: QUANDO IRAN E ARABIA SAUDITA RUPPERO I RAPPORTI PER LA CONDANNA DELLO SCEICCO SCIITA
Tutti i 4 paesi che hanno chiuso le relazioni col Qatar accusano il piccolo e ricco paese del Golfo di sostenere le formazioni ribelli vicine all’Iran: in l’Egitto Doha finanzierebbe da anni i Fratelli Musulmani, oltre a sostenere lo Stato Islamico, Al-Qaeda e gli altri gruppi che avrebbero il sostegno di Teheran, a iniziare dai ribelli Houthi sciiti in Yemen (dove la coalizione a guida araba non riesce ad avere la meglio neanche con il sostegno militare degli USA, inaugurato sotto Trump).
La crisi diplomatica tra i 5 paesi segna un cambio drastico nelle politiche internazionali e non è rilegata solo al mondo arabo, toccando anche l’Occidente e la lotta al terrorismo e all’Isis: è in Qatar infatti la base militare aerea USA da cui partono i voli contro le postazioni dell’autoproclamato Califfato.
La lotta contro l’Isis può dunque aspettare quando c’è in ballo l’equilibrio geopolitico nel Golfo e lo scontro per la supremazia religiosa (sunniti contro sciiti) ma soprattutto economica. Ruolo fondamentale in tutto questo l’hanno avuto gli Stati Uniti di Donald Trump che ora si trovano a gestire una crisi dalle conseguenze imprevedibili specie nella tanto decantata lotta al terrorismo.
Tutti contro il Qatar: il ruolo di Trump
La crisi diplomatica arriva a ridosso del viaggio di Donald Trump in Arabia Saudita, chiuso con l’accordo da 110 miliardi di dollari per la vendita di armi tra Washington e Riad. In quell’occasione, Trump esortò le petromonarchie del Golfo a unirsi in una sorta di “Nato araba sunnita” e fare la loro parte in prima persona contro l’Isis e al Qaeda. Allo stesso tempo però, il presidente USA si scagliò contro l’Iran, definendolo il più grosso finanziatore del terrorismo, in un “do ut des” con i sauditi che oggi ha portato alla crisi.
Le dichiarazioni di Trump contro Teheran sono arrivate anche per tagliare i ponti con la politica americana in Medio Oriente voluta dall’amministrazione Obama con la prima apertura tra USA e Iran: ora gli States tornano sui loro passi e si schierano con ancora più forza con i loro alleati storici sauditi, chiudendo le porte, appena aperte, su Teheran dopo l’accordo sul nucleare.
La crisi col Qatar sarebbe stata scatenata dalle dichiarazioni attribuite allo sceicco qatariota Tamin bin Hamad al Thani, che aveva criticato la presa di posizione anti Iran di Trump e degli altri paesi del Golfo. Non sono bastate le smentite arrivate dal Qatar che le definivano “fake news”: gli Emirati avevano già colto la palla al balzo e avevano avvertito sullo scoppio di “una grave crisi” all’interno del Consiglio di cooperazione del Golfo, rilanciata poi dal Bahrein.
Ora lo scoppio della crisi, con conseguenze che rischiano di essere gravi se non di paralizzare la lotta contro l’Isis, con gli USA nella morsa tra il sostegno a Riad (e l’accordo da 110 miliardi per le armi) e la necessità di usare le basi militari in Qatar.
Perché contro il Qatar?
La vera domanda da porsi è perché il Qatar? Perché i sauditi e gli altri paesi decidono di chiudere con un loro alleato che, sulla carta, ha tutte le caratteristiche per stare al loro fianco? La risposta prevede diversi livelli, ma si può riassumere nello scontro tra l’Arabia e l’Iran per il dominio nella regione.
Il Qatar è di fede sunnita (come Riad), legato al wahhabismo, quindi rientra nel complesso mondo sunnita contrapposto agli sciiti iraniani (qui trovate le differenze tra i due gruppi religiosi), ma a livello politico è da tempo contrario al potere della casa di Saud, la dinastia Saudita, in un complicato disegno geopolitico che vede anche lo scontro diretto con la casata Al-Thani, al potere in Qatar.
Come ricorda Alberto Negri nella sua analisi sul Sole 24 Ore, quando il padre dell’attuale emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani, prese il potere nel 1995, i Sauditi chiesero l’intervento militare dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak contro colui che ritenevano un usurpatore, intervento che non arrivò. Per di più, l’attuale emiro Tamim bin Hamad al-Thani sarebbe molto vicino ai Fratelli Musulmani, la cui avventura politica al Cairo è terminata con l’arrivo del generale Al-Sisi.
Infine, come ricorda Repubblica, il Bahrein avrebbe un contenzioso col Qatar per il possesso di alcune isole nel Golfo ricche di giacimenti di gas, una delle voci fondamentali delle ricchezze di entrambi i paesi.
Il vero nocciolo della questione è però la vicinanza di Doha all’Iran allo scopo di frenare la supremazia saudita nel golfo anche grazie al sostegno a formazioni che hanno tentato di scardinare l’ordine imposto dalla petromonarchia araba in tutta la Regione. Della lotta al terrorismo non interessa a nessuno, visto che la stessa Arabia Saudita, con l’appoggio degli Emirati, ha finanziato per anni le frange più estremiste sunnite, Isis compresa, per scagliarle contro gli sciiti di tutta la Regione, visti come “emissari” dell’Iran.
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