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Armi negli Stati Uniti, perché è così difficile liberare il paese da pistole e fucili

L’ennesima sparatoria negli Stati Uniti riporta sui media la questione delle armi. Questa volta è Columbus, città universitaria dell’Ohio, a essere colpita: un uomo armato ha fatto fuoco nel campus universitario intorno alle 10 del mattino, ora locale, ferendo almeno 9 persone. La Polizia ha diramato da Twitter un messaggio a tutti gli studenti e al personale dell’Ohio State University per gestire l’allerta nei momenti più concitati: al momento le notizie parlano di un morto, probabilmente l’attentatore, mentre si starebbe cercando un’altra persona. La polizia ha confermato, sempre tramite Twitter, che la zona è stata messa al sicuro.

La strage di Orlando aveva riaperto a suo tempo il dibattito sul possesso di armi negli Stati Uniti. La terribile efficacia con cui il killer Omar Mateen in 8 minuti circa è riuscito a uccidere 49 persone e ferirne 53 è dovuta all’uso di un fucile automatico da guerra, l’AR-15, già usato nella sparatoria di San Bernardino.

Nonostante fosse stato indagato da parte dell’Fbi per presunti contatti con il mondo del terrorismo, Mateen ha potuto comprare il fucile e la pistola senza problema. Potremmo pensare che si è trattato di un caso isolato. Invece, a 24 ore dalla carneficina al Pulse, nel paese si sono registrate altre due “mass shooting”, sparatorie di massa come vengono definite, una a New York e una in California, causando 10 feriti. La questione delle armi divide l’America: andiamo un po’ a fondo.

IL PROBLEMA DELLE ARMI NEGLI STATES

Negli Stati Uniti la questione è molto seria. Orlando è la più grave sparatoria nella storia del paese, ma negli States ogni giorno si muore per un colpo di pistola o una raffica di mitra. Cerchiamo di venirne a capo iniziando a scavare nei numeri.

Un fucile AR-15 come quello usato nella strage di Orlando

Secondo i dati di Archivio Disarmo, negli USA ogni anno le armi da fuoco uccidono 30mila persone, con una media di trenta vittime al giorno: la metà sono giovani (tra i 18 e i 35 anni), un terzo giovanissimi (sotto i 20 anni). Gli States detengono il primato della maggior diffusione di armi da fuoco al mondo, 89 ogni 100 abitanti (lo Yemen, che è secondo, ne ha 55 ogni 100) [dati Small Arms Survey].

Secondo il report del Congressional Research Service, negli Usa circolerebbero 357 milioni di armi da fuoco a fronte di una popolazione di 318,9 milioni di persone. Ogni anno sono vendute circa 4,5 milioni di armi, tra le quali circa 2 milioni di pistole. La questione è ancora più grave se guardiamo ai fucili AR-15, armi da guerra automatiche usate dai killer di Orlando, Newtown e San Bernardino per la loro efficacia (i testimoni del Pulse hanno dichiarato che Mateen è andato avanti a sparare senza mai dover ricaricare l’arma). Dalle stime della National Rifle Association, la più grande organizzazione pro armi del paese, negli USA ci sarebbero 5 milioni di questi fucili.

Secondo uno studio della Boston University, effettuato dal professor Michael Siegel, dal 1981 al 2010, per ogni aumento dell’1% del tasso di possesso delle armi, negli Stati Uniti gli omicidi con armi sono aumentati dello 0,9%. Il dato, sottolinea la ricerca, è incontrovertibile: più armi da fuoco in circolazione significa più morti da armi da fuoco. “Solo nel 2015 ci sono state oltre 12.000 vittime e mass shooting in circa 100 aree metropolitane“, ricorda Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo. Davanti a questi numeri si dovrebbe limitare il possesso di armi da fuoco, eppure non solo non accade ma chiunque ci provi (come Barack Obama) viene tacciato di essere anti americano e un traditore degli ideali a stelle e strisce. Come mai?

Pistole e affini sono l’ago della bilancia di ogni elezione grazie al potere della lobby delle armi che riunisce diverse associazioni come la Safari Club International, Gun Owners of America, the National Association for Gun Rights e soprattutto la National Rifle Association. La NRA tutela ogni possessore di armi e conta 5 milioni di iscritti: nata nel 1871, ha il solo scopo di tutelare il diritto costituzionale ad avere un’arma e, per farlo, usa fiumi di dollari, finanziando le campagne elettorali a ogni livello della politica americana e preferendo i candidati repubblicani (senza disdegnare i democratici).

Secondo i calcoli del Washington Post, dal 1998 a oggi deputati e senatori hanno ricevuto quasi 3 miliardi di dollari: 20 senatori su 100 (uno su cinque) hanno accettato le donazioni, mentre tra i deputati il numero sale a 187 su 435, pari al 41%. Alcune fonti indicano che nel 2014 le lobby hanno speso 12 milioni di dollari per influenzare la decisione del Congresso. Oltre ai soldi dati ai favorevoli, ci sono quelli usati per le campagne contro i detrattori. Senza contare che l’industria delle armi dà lavoro a milioni di persone negli States e ha un valore stimato di 10 miliardi di dollari. Il denaro non è l’unico motivo.

ARMI FACILI, COSI’ SI MUORE NEGLI STATI UNITI

Il diritto a possedere armi è sancito dal Secondo Emendamento della Costituzione americana. “A well regulated militia, being necessary to the security of a free state, the right of the people to keep and bear arms, shall not be infringed“, che possiamo tradurre così: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. L’origine risale alla guerra d’indipendenza, quando inglesi e spagnoli mandavano gli eserciti e ogni americano aveva un’arma per difendersi. Da allora la storia ha fatto il suo corso ma il diritto ad avere un’arma non è mai stato messo in discussione.

Anche quando parliamo di pro o contro, non stiamo parlando di abolire le armi da fuoco. La contrapposizione è tra chi vuole mantenere le leggi attuali (che permettono a ogni cittadino americano maggiorenne di comprarsi una pistola o un fucile) e chi vuole limitarne l’acquisto (escludendo le armi semi e automatiche da guerra o negandole a chi è indagato – ma non condannato – per terrorismo, comportamenti violenti e crimini d’odio).

Tutto verte sull’interpretazione giuridica del II emendamento. NRA e soci non vogliono sentir parlare di modifiche: per loro quell’articolo vale in assoluto. Dopo il massacro alla scuola elementare di Newtown, il presidente dell’NRA Wayne LaPierre ribadì la posizione. “L’assolutismo è una virtù, non un peccato. Siamo assolutisti come i Padri Fondatori e i padri della Costituzione e siamo orgogliosi di esserlo“.

Il favore del popolo americano

Non è solo una questione politica. È il popolo americano a difendere il diritto a possedere un’arma. Più della metà degli americani è a favore del possesso di armi da fuoco. Un recente sondaggio Gallup vede il 38 percento a favore delle leggi attuali e il 14 percento che le vuole addirittura meno rigide; lo stesso sondaggio fatto nel 2012 a ridosso della strage di Newtown (quando il 20enne Adam Lanza uccise 20 bambini tra i 6 e i 7 anni nella Sandy Hook Elementary School) diede come risultato il 58 percento a favore di una modifica alla legge sulle armi. Per la maggior parte degli americani il detto “one man one gun“, un uomo una pistola, vale più della vita di persone innocenti. Il motivo è soprattutto culturale.

Gli Stati Uniti sono una nazione fondata sulle armi. Pensiamo solo all’epopea del West: bastava una pistola e un fucile per prendersi un pezzo di terra e difenderlo contro tutto e tutti. Quelle stesse armi che il Secondo emendamento garantisce a protezione dagli “invasori”, sono state usate dai primi coloni per diventare americani. Sterminati i popoli nativi (e con loro parte della fauna, come i bisonti), ci si è presi le terre e il diritto a difenderle. Spazi enormi a disposizione dei meglio armati che continuano a difenderle, è il caso di dirlo, con ogni arma.

Gli Stati Uniti non sono le grandi città del nostro immaginario, ma sono tutto quello che c’è tra New York e Los Angeles. Sono le tenute enormi, le campagne a perdita d’occhio, i campi protetti, ancora oggi, a colpi di fucile. Il diritto alla proprietà privata è legato al diritto a difenderla. Se uno entra nel mio terreno o, peggio ancora, in casa mia, sparo perché è mio diritto difendere la mia proprietà; questo significa essere americani.

Gli USA sono una grande nazione nel senso geografico del termine e uno stato federale in quello politico e culturale. L’Iowa non è la California, come non lo è il Texas, il Montana, il Maine e così via. Ogni stato è come una nazione a sé e non solo per i poteri politici: per capirci, la vita in Alaska ha ritmi, esigenze e valori opposti a quelle in Florida. Il senso di appartenenza e di unità nazionale non è assoluto: tutti si alzano in piedi all’inno, ma chi vive in Nevada difficilmente si sente colpito da quello che accade in California, specie se si tratta di un mass shooting. La notizia che un uomo a New York ha sparato contro dei ragazzi che giocavano a basket non ha rilevanza nazionale: le sparatorie fanno notizia se sono episodi eclatanti, se hanno come vittime bambini, ragazzi che sono al cinema o a scuola, e soprattutto se colpiscono l’orgoglio nazionale.

Quasi ogni americano ha un parente, un amico o un conoscente ucciso o ferito da un’arma da fuoco: morire per una pallottola può accadere a chiunque in qualunque momento e spesso non c’è neppure bisogno di un terrorista che imbraccia un fucile automatico.

Lorena Cacace

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