Non si fermano gli sbarchi a Lampedusa, sono 436 coloro che sono arrivati dopo la mezzanotte e fra loro, una donna incinta che ha partorito in barca.
Si tratta di un episodio drammatico ma al tempo stesso dolce poiché sia il bambino che la mamma stanno bene ed entrambi hanno raggiunto l’ospedale per essere sottoposti ai controlli di rito. Tuttavia, questo ci fa soffermare sulle condizioni disperate di queste persone, che fuggono nonostante il pericolosissimo viaggio, anche a 9 mesi di gravidanza e anche su barche dismesse e sovraffollate. Scappano da guerre, torture e persecuzioni in cerca di una vita migliore ma non tutti sono fortunati e arrivano in Italia, tanti muoiono nel Mediterraneo, considerato ormai una immensa tomba di migranti, specialmente l’area Centrale, la più pericolosa.
Le autorità non possono fermarsi un giorno nell’autorizzare nuovi trasferimenti dall’hotspot di Lampedusa verso altre strutture di prima accoglienza, se lo fanno il centro rischia di collassare per il sovraffollamento perché non passa giorno sull’isola che non arrivino nuovi migranti.
Un esempio è quello della notte scorsa, in cui ne sono giunti 436 a partire dalla mezzanotte. Viaggiavano in 10 barchini dismessi e la Guardia Costiera supportata dai finanzieri, li ha intercettati e soccorsi con le motovedette prima che le imbarcazioni cedessero del tutto alle onde potenti del mare.
Una volta raggiunti i migranti, i soccorritori hanno scoperto che fra di loro c’era una donna in travaglio che doveva essere condotta immediatamente in ospedale, così dopo l’arrivo a molo Favarolo è stata subito portata via in ambulanza. A lieto fine anche la vicenda di un’altra donna che invece era arrivata a un punto più critico e doveva partorire all’istante, infatti lo ha fatto direttamente all’interno della barca su cui viaggiava insieme a 40 connazionali.
Le persone giunte durante la notte sono partite da Sfax e sappiamo bene che ormai questo nome è sinonimo di migrazione perché coloro che organizzano i viaggi, li fanno partire proprio da questo punto, che si trova in Tunisia. Durante le operazioni di soccorso, hanno riferito di essere originari di Mali, Guinea, Liberia, Pakistan, Costa d’Avorio, Camerun, Sudan, Gambia e Senegal.
Solo ieri sull’isola c’erano stati altri 14 sbarchi che hanno portato 589 ospiti in più nell’hotspot di contrada Imbriacola, anche se chiamarti ospiti non è esatto. In questo luogo soggiornano in condizioni al limite della decenza dato il sovraffollamento che rende difficile la gestione dello spazio ma anche il lavoro dei volontari. Sono tanti quelli che ogni giorni si danno da fare per queste persone disperate che cercano solo una mano amica ma tanto lavoro c’è ancora da fare.
Evidentemente infatti, non è sufficiente organizzare sempre nuovi trasferimenti in altri centri di prima accoglienza, c’è bisogno di crearne alcuni che supportino questo, divenuto ormai il principale.
Due giorni fa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e la commissaria europea agli Affari Interni Ylva Johansson hanno visitato l’hotspot emblema dell’emergenza incontrollata dei flussi migratori, gestito dalla Croce Rossa italiana.
Sul tavolo di questo incontro il dossier migrazioni su cui l’Unione Europea è divisa, infatti è fallito l’accordo in Consiglio europeo a causa del veto di Ungheria e Polonia.
Da alcuni giorni sembrava che il flusso migratorio si fosse interrotto ma come abbiamo visto, è ripreso prepotente e anche un cosiddetto passeur che organizza questi viaggi dalla Tunisia, riferì temo fa a un giornalista che gli sbarchi possono diminuire ma mai fermarsi perché chi fugge lo fa da condizioni di sofferenza estrema e non ha paura di nulla.
L’Ue vuole aiutare l’Italia a gestire questa emergenza dal punto di vista finanziario ma la volontà non basta se non è supportata dalla legislazione europea. La Johansson si è detta certa di voler aiutare l’Italia e lo farebbe anche con qualsiasi altro stato membro perché “Nessuno deve essere lasciato solo ad affrontare questo fenomeno. Uniti siamo più forti” – ha detto in conferenza stampa.
“È fondamentale fermare le partenze, nessuno vuole passare i migranti da un Paese all’altro scaricando le responsabilità” ha ribadito Giorgia Meloni, che nella sua recente visita in Polonia è tornata di nuovo sull’argomento attaccando al migrazione illegale.
Si è recata nel Paese per incontrare il premier Morawiecki dopo il fallito tentativo di mediazione sul dossier migranti. Al margine dell’incontro ha avuto belle parole per lui, plaudendo alla sua forza nel difendere l’interesse della Polonia, però ha sottolineato che non devono esserci attriti sul tema migranti perché bisogna discutere non di come gestirli e a chi andranno assegnati, ma proprio capire come fermare i flussi all’origine.
La presidente del Consiglio italiana ha detto di capire la posizione di Paesi come la Polonia e l’Ungheria, che non restii a parlare del tema migranti perché sono in prima linea nell’accogliere quelli che scappano dalla guerra in Ucraina e non possono “addossarsi” anche le problematiche relative alla gestione di quelli illegali che varcano i nostri mari per arrivare in Europa.
Si cercherà dunque di lavorare insieme con un piano europeo per fermare i flussi e tutti noi speriamo che diventi realtà per eliminare finalmente l’abbinamento della nostra bella Lampedusa ella migrazione illegale ma soprattutto per garantire buone condizioni di vita a queste persone nelle loro terre di origine, chiaramente per far questo serviranno il dialogo e la collaborazione con i governi stranieri, che hanno competenza nei Paesi da cui partono le traversate.
Il Mediterraneo non può essere più un cimitero e non possiamo assistere ancora a stragi come quella di Cutro o quella del Peloponneso. Questi non sono viaggi verso la salvezza ma condanne a morte per milioni di migranti, per la ricchezza di criminali che trafficano esseri umani chiedendo un prezzo altissimo, che spesso si misura non solo in denaro.
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