L’aspirina, il noto antinfiammatorio che contiene l’acido acetilsalicilico, potrebbe giocare un ruolo importante nella cura dell’Alzheimer, il terribile morbo che porta alla demenza. Ad affermarlo è un nuovo studio neuroscientifico, guidato dalla Rush Medical University. Il popolare farmaco è stato utilizzato su un topo è ha mostrato come il suo principio attivo favorisca lo smaltimento di sostanze tossiche per il cervello, come le placche amiloidi, accumuli che distruggono le connessioni fra cellule nervose e che rappresentano una delle principali manifestazioni dell’Alzheimer.
I ricercatori hanno somministrato acido acetilsalicilico orale a basse dosi in un campione di topi con Alzheimer per un periodo di un mese. Hanno poi valutato la quantità di placche amiloidi nelle regioni cerebrali maggiormente colpite dal morbo. In base ai risultati, dopo il trattamento con l’aspirina, tali placche erano diminuite.
Al centro del meccanismo c’è una proteina, chiamata TFEB, considerata il principale controllore della rimozione degli “scarti”, come gli accumuli di beta amiloide. Per svolgere questo ruolo la proteina TFEB stimola la produzione di altre sostanze, dette lisosomi, che sono vescicole presenti nelle cellule preposte all’eliminazione dei rifiuti, come veri e propri “spazzini biologici”.
L’acido acetilsalicilico in sostanza aumenta i livelli della proteina TFEB e dunque la produzione di lisosomi: un processo a cascata che porterebbe alla riduzione delle placche, secondo i risultati dello studio. L’attivazione di questo meccanismo cellulare per la rimozione di elementi nocivi per il cervello potrebbe essere una strategia promettente per rallentare la malattia. I risultati sono pubblicati su The Journal of Neuroscience.
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