Assolto dall’accusa di violenza carnale perché lei non ha urlato

Violenza carnale

Un uomo di 46 anni è stato assolto dall’accusa di violenza carnale, perché ‘il fatto non sussiste’: è questa la motivazione addotta dal tribunale di Torino per scagionare l’accusato dal reato di violenza sessuale nei confronti di una donna che gli aveva intimato di smettere di palpeggiarla. Si legge inoltre nella sentenza: ‘Lei ha detto basta, ma non ha urlato’, a sostegno del fatto che secondo i giudici la reazione alla molestia è stata debole.

La donna rimasta vittima di una violenza sessuale, ha ripetuto più volte ‘No, basta’, ma siccome non ha urlato e non ha chiesto aiuto e non ha ‘tradito quella emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona’, per il tribunale di Torino, il fatto non sussiste.

Così ora la donna, torinese che lavorava con contratto interinale alla Croce rossa di Torino, si trova non soltanto ad aver perso la causa contro quel collega che aveva denunciato per diversi presunti abusi sul luogo di lavoro, in vari ospedali del capoluogo piemontese, dovrà anche rispondere in tribunale dell’accusa di calunnia. Ebbene, il giudice, Diamante Minucci, non ha ritenuto ‘verosimile’ la sua versione dei fatti.

La vittima di questa vicenda, ha peraltro un passato già segnato da reiterati abusi sessuali: il padre, uomo crudo e gelido, avrebbe abusato di lei per sette lunghi anni, a partire da quando ne aveva soltanto cinque.
Durante il dibattimento in tribunale, la donna ha confessato tra le lacrime che quel collega che abusava di lei sul lettino del pronto soccorso dell’ospedale Mauriziano, le ricordava terribilmente suo padre. E quando la corte le ha domandato come mai quando quell’uomo si approfittava di lei, non avesse reagito urlando, la donna ha replicato: ‘Uno il dissenso lo dà, magari non metto la forza, la violenza come in realtà avrei dovuto fare, ma perché con le persone troppo forti io non… io mi blocco’. Una testimonianza sofferta, difficile, spesso interrotta da pause e pianti.

Ma secondo i giudici, ‘la teste rimane sul vago, non solo non urla, quando l’uomo che la voleva, tenta di spogliarla. E ancora, non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo’. Sembra inoltre che abbia continuato i turni di lavoro dopo aver subito gli abusi.

La donna non ha mai raccontato nulla a nessuno e questo dettaglio del suo comportamento unito a tutti gli altri, ha condotto i giudici a ritenere che la presunta vittima, entrata in Croce rossa come autista barelliere nel 2008, ‘ha reso un racconto inverosimile’.

Dal canto suo, l’imputato non ha mai negato i palpeggiamenti e alcune effusioni, sostenendo che la donna fosse sempre stata consenziente. Ha così respinto al mittente le accuse di violenza sessuale. Secondo il suo legale, Cosimo Maggiore, ‘la credibilità di lei era gravemente compromessa da una quantità di contraddizioni e illogicità’. Mentre per il pm Sanini, che valuterà il ricorso in Appello, l’uomo ‘ si sarebbe approfittato della fragilità della vittima e del suo ruolo di indubbia supremazia nella Croce rossa. Lei ha tenuto a lungo il silenzio su questa dolorosa vicenda, ma questo non significa che non sia attendibile nel raccontare cosa le è stato fatto’.

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