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Categories: Cronaca

Atac Roma rischia il fallimento, l’allarme del dg Rota: ‘Troppi debiti e assenteismo’

Un debito da 1.350 milioni di euro e un tasso di assenteismo così alto da non riuscire a coprire i turni stanno portando l’Atac di Roma verso il fallimento. A dirlo è il direttore generale dell’azienda trasporti della Capitale Bruno Rota intervistato da Federico Fubini per il Corriere della Sera. Ex Iri e soprattutto ex dg dell’Atm, l’azienda di trasporto milanese che ha risanato, Rota indica le cause che stanno portando al collasso del sistema pubblico di trasporto capitolino e, pur nel rispetto del ruolo del Comune che ne è azionista, inizia a far filtrare quella che potrebbe essere la soluzione: la procedura fallimentare. È lo stesso Rota che chiarisce quanto sia drammatica la situazione, definita “pesantemente compromessa” e, cosa ancora peggiore,”minata in ogni possibilità di rilancio organizzativo e industriale“.

Il primo dato da cui parte Rota, a capo dell’azienda da marzo di quest’anno ma con tutte le deleghe da poche settimane, è dunque il debito che sembra insormontabile. Non basta, spiega il dg, che non sia aumentato: il debito deve essere intaccato, altrimenti sarà la zavorra che farà andare a fondo l’azienda.

I problemi di Atac sono tanti, come purtroppo sanno i cittadini romani alle prese con ritardi, tempi di attesa lunghissimi, disagi, scioperi, mezzi vecchi e scadenti. L’ultimo caso che ha fatto scalpore, oltre alla donna trascinata dalla metro, è la chiusura di sette fermate della metro A ad agosto (per la precisione dal 31 luglio al 3 settembre).

La situazione economica è un vero disastro e rischia di essere pericolosa, spiega Rota: i troppi debiti bloccano anche gli interventi di manutenzione necessari soprattutto vista l’anzianità del parco mezzi perché Atac non trova fornitori disposti a fare credito.

Anche il pagamento degli stipendi è garantito mese per mese e solo grazie “a misure eccezionali e chiedendo un impegno straordinario al Comune di Roma, che però non è ripetibile all’infinito“. Le misure tampone non bastano più ed è per questo che il dg chiede alla politica locale di “avere il coraggio di affrontare la drammatica dimensione del debito” con “misure serie e immediate“.

[didascalia fornitore=”ansa”]Rota all’inaugirazione della metro San Siro a Milano nel 2015[/didascalia]

Il primo passaggio è rappresentato dal “ripristinare un sistema di controllo sulle regole che pur ci sono ma che da tempo nessuno rispetta, per cui ognuno fa ciò che gli pare“. Certo la situazione è frutto di anni di misure emergenziali, in assenza di un piano serio di riorganizzazione economica e logistica, ma ora il tempo è scaduto.

Continuare così è da irresponsabili“, avvisa ed è per questo che ha già stilato un piano presentato alla sindaca Virginia Raggi che ringrazia per “l’attenzione e il sostegno“.

Altro tasto dolente è quello del personale Atac. Rota su questo è chiaro: non è vero che manca, chi parla di riduzione e licenziamenti “fa solo terrorismo psicologico“. Il vero problema è l’assenteismo e un lassismo che punisce anche gli stessi lavoratori onesti. “Il tema è far lavorare di più e meglio quelli che ci sono. Oggi con questi tassi di assenteismo si fa fatica a coprire i turni“, svela.

La gestione del personale fa acqua da tutte le parti. “Gli accordi di timbratura sono in larga parte lettera morta”, spiega Rota che sottolinea la necessità di rispettare le regole. “Sono anni che non lo si fa. Si parla di turni massacranti e c’è gente che non arriva a tre ore effettive di guida, quando le fanno. Bisogna che si prenda coscienza anche di questi problemi. Non si timbra, malgrado le regole dicano altrimenti, e si prendono salari su orari di lavoro presunti. È intollerabile sia nei confronti di chi fa il proprio mestiere, sia di coloro che un lavoro non riescono ad averlo“, insiste.

Anche il rapporto coi sindacati è problematico, rivela il dg che pure a Milano aveva avuto scontri e screzi ma che alla fine si erano risolti con un piano studiato di comune accordo. Rota li ha incontrati tutti, anche quelli che rappresentano “trecento iscritti su undicimila dipendenti“, o “gente che va in tivù a spiegare come funzionano i sistemi di sicurezza dei mezzi senza saperne nulla“. Anche i più rappresentativi gli sono sembrati non avere idea della gravità della situazione, ma il tempo sta per scadere: o si interviene o di Atac non rimarrà più nulla.

Lorena Cacace

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