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Si chiama SmaLab (Spinal Muscolar Atrophy Laboratory) ed è il primo laboratorio che mira a unire i medici, i malati di SMA e le famiglie. L’obiettivo di SmaLab sarà l’analisi dei servizi esistenti e il supporto ai processi di miglioramento della qualità delle cure per l’atrofia muscolare spinale. Un processo che diventa cruciale alla luce della rivoluzione in atto nel trattamento clinico della Sma. Nuovi bisogni organizzativi stanno infatti emergendo, in risposta a necessità inedite dei pazienti e delle loro famiglie. A descriverci questo nuovo progetto sono Eugenio Mercuri, direttore dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile del Policlinico Gemelli di Roma, e Valeria Tozzi, Associate Professor of Practice della Sda Bocconi (Divisione Government Health & Not for Profit), referente delle attività di ricerca di SmaLab.
Spiega Valeria Tozzi: “Lo SmaLab è un laboratorio manageriale, un esperimento. Si vuole creare una comunità di professionisti che si rafforza rispetto alle competenze manageriali, quelle che permettono di migliorare l’erogazione dei servizi. E si aiuta questa comunità a costruire relazioni con tutti gli altri attori che intervengono sulla buona presa in carico dei pazienti: le associazioni dei pazienti, ma anche le istituzioni, le direzioni delle aziende sanitarie piuttosto che i referenti delle politiche per la tutela della salute o il livello nazionale”. “Attraverso lo SmaLab vogliamo fare una sorta di ‘zoomata’ rispetto a questa patologia, che è abbastanza paradigmatica di alcune questioni che accadono a chi soffre di una malattia rara, per fare entrare anche l’Italia con un suo contributo specifico su questo tema”.
Il laboratorio è frutto della collaborazione tra Biogen Italia e Sda Bocconi, che insieme hanno già curato il laboratorio dedicato alla sclerosi multipla, MsmLab, giunto alla sua quinta edizione.
Per quanto riguarda i pazienti colpiti da atrofia muscolare spinale (Sma), rara malattia neurodegenerativa che rappresenta la prima causa genetica di mortalità infantile, è un momento di svolta e di speranza nel futuro. Dell’avvento di nuove opportunità di trattamento ci parla Mercuri: “Ci troviamo di fronte a una nuova era nel trattamento di questa patologia così devastante. Fino a poco tempo fa non esistevano terapie, mentre oggi i pazienti e le loro famiglie possono contare su un nuovo trattamento farmacologico”, nusinersen, “che ha dimostrato di portare miglioramenti in termini di sopravvivenza e di raggiungimento di importanti tappe motorie dello sviluppo. Risultati che hanno reso necessaria nel 2017 l’introduzione di nuove classificazioni, per poter meglio definire nuovi quadri clinici, che fino a oggi non facevano parte della storia naturale della malattia”.
Tutte queste novità hanno bisogno di essere gestite e comunicate. “Partiamo – prosegue Tozzi – costruendo delle comunità di pratica che si interrogano e discutono di quello che sta succedendo all’interno del Ssn, delle ricadute regionali e poi di quello che accade all’interno dei singoli contesti aziendali”. SmaLab, spiega Tozzi, “recupera e mette a frutto quelle che sono state le esperienze di questi lunghi anni sulla sclerosi multipla all’interno del MsmLab. Il primo elemento che eredita è il fatto di coniugare insieme l’attività di ricerca – perché vogliamo prima conoscere cosa accade all’interno del sistema, nelle aziende sanitarie – l’attività di discussione attraverso l’aula e il workshop, per fare in modo che i professionisti condividano le medesime premesse decisionali rispetto a quello che accade all’interno dei loro contesti, e infine la terza gamba del laboratorio è data dalla pubblicazione: fare in modo che quello che emerge dall’attività di ricerca e discussione non rimanga nel circolo stretto di chi ha partecipato direttamente, ma possa essere divulgato e intorno a questi risultati ci possa essere una discussione più ampia”.
Con lo SmaLab, osserva l’esperta, “abbiamo completamente cambiato campo di gioco. Non parliamo di patologie a più ampia diffusione come quelle che caratterizzano la neurologia, ma di una patologia rara, prevalentemente pediatrica ma non esclusivamente, che si porta dietro tutta una serie di implicazioni e problematiche nella capacità di intercettare i luoghi giusti della rete d’offerta, le competenze adeguate e così via. Su questo c’è un filone di studio, ma anche di implementazione di alcune politiche a livello europeo, che gravita intorno agli European Reference Networks for Rare disease (Ern)”, che stanno mettendo al centro dell’agenda delle istituzioni i temi della rarità.
“Siamo in un momento storico di trasformazione radicale nella gestione della Sma – osserva Mercuri – in cui diventano fondamentali progetti come questo, volti a favorire la condivisione di informazioni e la messa a punto di percorsi il più possibile condivisi e standardizzati per la gestione dei pazienti. Questa è una fase di comprensione: abbiamo un farmaco che ha dimostrato negli studi clinici degli effetti molto importanti, ma negli studi clinici noi avevamo delle popolazioni molto grosse in termini di numeri, ma relativamente piccole in termini della rappresentazione dell’intera popolazione affetta dalla malattia. Abbiamo per esempio ancora pochi dati sugli adulti, pochi dati anche sull’impatto che tutto questo avrà sul sistema sanitario”.
“Abbiamo – riflette l’esperto – dei nuovi bisogni. Questi bambini sopravvivono più a lungo, se non li trattiamo precocemente comunque saranno dei bambini con un livello di disabilità e con delle difficoltà. Dobbiamo capire qual è l’impatto sanitario e il modo migliore di organizzarsi. Iniziative come queste servono a noi medici a uscire fuori dal nostro ‘box’ in cui ci occupiamo solo di curare i bambini per capire più in generale come possiamo contribuire, e anche apprendere meglio quali sono i meccanismi di cultura sanitaria all’interno dei quali ci dobbiamo muovere”. Il progetto vedrà coinvolti proprio per questo professionisti di diversa estrazione disciplinare, a cominciare da neurologi, pediatri, neuropsichiatri infantili e rappresentanti delle istituzioni.
E infine è Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia che saluta positivamente il nuovo progetto: “Siamo felici di inaugurare oggi il percorso SmaLab, pensato per andare incontro alle necessità della comunità italiana Sma con la creazione di percorsi di presa in carico dei pazienti snelli ed efficienti. L’obiettivo è quello di mettere al servizio dei pazienti e delle loro famiglie tutta la conoscenza, la competenza e l’innovazione scientifica attualmente disponibili. L’impegno di Biogen, che nel 2018 festeggia i suoi 40 anni, oltre alla ricerca e allo sviluppo di nuove molecole, si estende infatti anche nel supportare programmi educazionali volti ad affrontare i diversi aspetti di gestione della malattia e SmaLab rappresenta al meglio questi obiettivi”.
Il progetto prende il via con due appuntamenti già in programma nel 2018, in cui saranno analizzati i processi di trasformazione della sanità italiana nelle diverse declinazioni regionali, i principali modelli di gestione dei servizi nei centri. Sarà infine organizzato un ‘Research Day’, che presenterà i risultati della prima stagione dello SmaLab sui quali verranno proposti i successivi momenti di workshop e networking. Il tutto con uno sguardo al contesto internazionale.
In collaborazione con AdnKronos
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