Devastare per sempre una persona, condannandola a una vita di dolore: sono le conseguenze degli attacchi con l’acido che aumentano anche in Italia. L’ultimo caso arriva dalla provincia di Modena, esattamente da Vignola, dove Stefano Tondi, primario di Cardiologia dell’ospedale di Baggiovara, e il figlio di 19 anni sono stati aggrediti con l’acido. Il fatto è avvenuto mentre i due stavano rientrando a casa: un uomo si sarebbe avvicinato a loro e avrebbe puntato contro un fucile ad acqua, carico di soda caustica. Il medico, colpito al volto, ha riportato ustioni gravissime diffuse ed è ricoverato in prognosi riservata, mentre il figlio è stato colpito in alcune zone del cuoio capelluto ed è ricoverato nel reparto di Dermatologia. Ancora ignote le cause: gli inquirenti hanno ricordato che il medico era stato testimone in un processo per corruzione ma non è ancora certo il legame.
Gli attacchi con l’acido nel nostro Paese sono balzati agli onori della cronaca negli ultimi anni, a partire dal 2009 circa. In precedenza non c’erano stati episodi di violenza con l’uso di sostanze corrosive: l’unico che si ricorda e che fece scalpore fu l’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, ucciso e sciolto nell’acido dal killer mafioso Giovanni Brusca.
È solo negli ultimi anni che si riscontrano aggressioni con varie sostanze corrosive: un metodo violento e brutale, che lascia quasi sempre la vittima viva ma con ustioni e ferite al volto, spesso rendendola cieca. Il dolore della pelle che si scioglie è impossibile da descrivere. Per guarire sono necessari numerosi interventi di ricostruzione, tra sofferenze indicibili: le cicatrici rimangono per sempre, ogni volta che ci si specchia si ricorda tutto, non ci si riconosce più. Le ferite fisiche col tempo guariscono, quelle morali no.
Le vittime sono spesso donne ma anche uomini. Recuperare sostanze corrosive è semplice: basta andare da un ferramenta e chiederle, senza dover spiegare per cosa si intende usarle. Un semplice acquisto e i violenti, uomini o donne, sono armati.
LA COPPIA DELL’ACIDO
Il caso più rappresentativo degli attacchi con l’acido in Italia è quello di Martina Levato e Alexander Boettcher, nota come la coppia dell’acido. I due, con la complicità di Andrea Magnani, hanno messo in atto una serie di attacchi contro gli ex fidanzati di lei in una sorta di ”rito purificatore”, compiuti anche mentre lei era incinta. I due, secondo la ricostruzione del tribunale di Milano che li ha già condannati, erano uniti da un rapporto morboso. Lui, 30enne brooker italo-tedesco della Milano bene, era sposato ma aveva una seconda vita con Martina nella quale amava “marchiare le sue donne”. Lei, bocconiana e studentessa modello di 23 anni, si è lasciata completamente irretire dalla tela di Boettcher tanto da diventare la mente della banda dell’acido: era lei, secondo Magnani, l’organizzatrice degli attacchi. La prima vittima è l’ex compagno di liceo, Pietro Barbini: ha subito danni permanenti all’occhio destro per via delle ustioni, una necrosi al naso e lo sfregio permanente del viso. Stefano Savi è la seconda vittima: studente di Economia alla Bocconi viene colpito per errore a causa della somiglianza con la vera vittima designata, il giovane fotografo Giuliano Carparelli, terza vittima mancata della coppia. Carparelli fu preso di mira per una serata di sesso e alcol con Martina, ma riuscì a difendersi facendosi scudo con un ombrello.
Dove nasce questa violenza: il caso dell’India
Laxmi, sopravvissuta all’attacco con l’acido
L’Italia si trova ad affrontare una vicenda che le era sconosciuta, ma che in alcuni Paesi del mondo ha una storia più lunga. Gli attacchi con l’acido sono infatti usati da decenni in India, Pakistan, Afghanistan, Cambogia e Bangladesh, dove il primo caso documentato di violenza con acido solforico risale al 1967. Le vittime, secondo associazioni locali, sono per l’80% donne, punite per aver “osato” disobbedire alle regole della società maschilista. Chi ha detto no a matrimoni combinati, chi ha denunciato le violenze, o anche chi semplicemente ha voluto pensare e agire con autonomia e libertà, è stato violato nel corpo e nell’anima.
Il metodo dell’acido permette di sfregiare le vittime, di marchiarle per tutta la vita, condannandole al dolore e alla vergogna.
L’India è forse il Paese che è più balzato agli onori della cronaca internazionale per i numerosi casi di attacchi con acido a danno delle donne. La vicenda di Laxmi, oggi 24enne e che nel 2005, ancora minorenne, era stata attaccata con l’acido mentre stava aspettando l’autobus da un 32enne che si era rifiutata di sposare, ha cambiato qualcosa.
Sopravvissuta al dolore e alle ferite, Laxmi ha intentato causa alla Corte Suprema per la mancata regolamentazione sulla vendita di sostanze corrosive e l’assenza di aiuti alle vittime. Alla fine, l’India ha cambiato le leggi per vendere acidi e simili: vietata la vendita ai minorenni, chi li acquista deve essere registrato su appositi registri dai venditori, con nome, indirizzo e telefono; i commercianti passano i dati delle vendite alla polizia per i controlli; bisogna dimostrare il motivo del loro utilizzo; gli acidi vengono venduti diluiti, in modo da non arrecare danno alle persone. Manca però tutto quello che concerne la cura delle vittime: non ci sono fondi pubblici di aiuto, per guarire sono necessarie molte operazioni e spesso le famiglie sono costrette a interromperle in mancanza di soldi.
Gli attacchi con l’acido non sono però circoscritti a soli questi Paesi. Oggi sono frequenti anche in Europa e in altre nazioni. Un caso eclatante è stato quello che ha visto l’ex direttore del Bolshoi, Serghiei Filin, vittima dell’aggressione dell’ex primo ballerino Pavel Dmitricenko: una storia di rivalse, accuse, gelosie e conflitti nel cuore del balletto più famoso al mondo che si è conclusa con una violenza assurda.
Gli attacchi in Italia
Dal 2009 le pagine di cronaca raccontano episodi di violenza con l’acido, con casi che sono in aumento. Le vittime sono per la maggior parte donne, ma si contano anche molti uomini: il crimine di solito nasce all’interno di una coppia, con un componente che viene colpito perché ha detto basta, che sia uomo o donna.
Ex conviventi e fidanzati che sfigurano chi ha detto loro di no, stalker che portano avanti il loro piano criminoso fino a conseguenze devastanti, rivali in amore, ma non solo. Ci sono stati casi di gruppi criminali di origine straniera che hanno assoldato professionisti per colpire gli avversari, oppure furti finiti in tragedia, come a Rimini dove una donna è stata derubata e poi sfregiata con l’acido dai ladri.
Gli attacchi con l’acido sono facili da realizzare: comprare le sostanze è semplice e poco dispendioso, al massimo qualche euro, e si ha la certezza di infliggere una violenza inaudita alla vittima, lasciando per sempre il ricordo dell’aggressione, senza “sporcarsi le mani”. Un gesto da codardi.
La storia di Lucia Annibali
In Italia, la storia di Lucia Annibali ha portato alla ribalta il tema, costringendo la società civile e la politica a non voltarsi dall’altra parte. Avvocatessa di Urbino, è stata sfigurata con l’acido da parte di due sicari assoldati dal suo ex: oggi l’uomo, ex avvocato di 37 anni, sta scontando 20 anni di carcere come mandante dell’attentato.
Nel frattempo, la vita di Lucia è cambiata: sopravvissuta al dolore e alle tante operazioni necessarie per la ricostruzione del viso, non si è voluta nascondere. Ha usato le sue ferite, il suo nuovo aspetto, la “nuova Lucia”, come si definisce, per dare voce a tutte le vittime. Si è mostrata in televisione, ha raccontato la sua esperienza e ha messo a disposizione di chi ha subito lo stesso dolore le sue competenze professionali. Lucia è diventata un simbolo della violenza contro le donne ma in particolare della violenza attuata con l’acido che riguarda anche gli uomini perché il dolore non ha distinzione di genere.