Devastare per sempre una persona condannandola a una vita di dolore: sono le conseguenze degli attacchi con l’acido che si verificano sempre più spesso anche in Italia.
L’ultimo caso arriva da Legnano, dove la 38enne Sara Del Mastro ha sfregiato il 29enne Giuseppe Morgante. I due si erano conosciuti tramite una app di dating e si erano frequentati per qualche settimana fra l’ottobre e il novembre del 2018. Giuseppe Morgante aveva subito messo in chiaro che per lui si trattava di una semplice avventura e che nel frattempo intendeva frequentare anche altre donne, ma Sara Del Maestro aveva intenzione di fare sul serio. E nel suo delirio di possesso ha iniziato a pedinare Giuseppe, a scrivere messaggi alle sue rivali e a inondarlo di minacciare di morte.
Giuseppe ha così preso la decisione di denunciare Sara. Del caso si sono anche occupate le Iene: Sara ha avuto un confronto con la iena Veronica Ruggeri, che ha provato a farla ragionare. Tutto inutile: alle 16:00 di un maledetto pomeriggio Sara ha telefonato a sua madre per chiederle di occuparsi della figlia di otto anni, qualora le fosse successo qualcosa, poi è salita sulla sua Fiat Punto, ha incrociato Giuseppe in via Dei Pioppi a Legnano, è scesa dall’auto e quando il ragazzo ha abbassato il finestrino della macchina, Sara gli ha buttato addosso l’acido.
Gli attacchi con l’acido nel nostro Paese sono balzati agli onori della cronaca negli ultimi anni, a partire dal 2009 circa.
In precedenza non c’erano stati episodi di violenza con l’uso di sostanze corrosive: di acido si parlava solo ricordando l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, strangolato e poi sciolto nell’acido dal killer mafioso Giovanni Brusca.
È solo negli ultimi anni che si riscontrano aggressioni con varie sostanze corrosive: un metodo violento e brutale, che lascia quasi sempre la vittima viva ma con ustioni e ferite al volto, spesso rendendola cieca. Il dolore della pelle che si scioglie è impossibile da descrivere. Dopo l’attacco sono necessari numerosi interventi di ricostruzione, tra sofferenze indicibili: le cicatrici rimangono per sempre, ogni volta che ci si specchia si ricorda tutto, non ci si riconosce più. Le ferite fisiche col tempo cicatrizzano, quelle morali no.
Recuperare sostanze corrosive è semplice: basta andare da un ferramenta e chiederle, senza dover spiegare per cosa si intenda usarle. Un semplice acquisto e i violenti, uomini o donne, sono armati.
Attacco al primario
L’ultimo caso, prima dei fatti di Legnano, arriva dalla provincia di Modena, esattamente da Vignola dove l’acido ha colpito Stefano Tondi, primario di Cardiologia dell’ospedale di Baggiovara e il figlio di 19 anni. Il fatto è avvenuto mentre i due stavano rientrando a casa: un uomo si è avvicinato a loro e ha puntato contro un fucile ad acqua carico di soda caustica. Il medico, colpito al volto, ha riportato ustioni gravissime diffuse ed è stato ricoverato in prognosi riservata, mentre il figlio è stato colpito in alcune zone del cuoio capelluto ed è stato ricoverato nel reparto di Dermatologia. Per l’attacco è stato condannato ad otto anni Daniele Albicini.
La coppia dell’acido
Il caso più rappresentativo degli attacchi con l’acido in Italia è quello di Martina Levato e Alexander Boettcher, noti come la “coppia dell’acido”. I due, con la complicità di altri, hanno messo in atto una serie di attacchi contro gli ex fidanzati di lei in una sorta di ”rito purificatore”, compiuti anche mentre lei era incinta. I due, secondo la ricostruzione del tribunale di Milano che li ha già condannati, erano uniti da un rapporto morboso. Lui, 30enne brooker italo-tedesco della Milano bene, era sposato ma aveva una seconda vita con Martina nella quale amava “marchiare le sue donne”. Lei, una bocconiana e studentessa modello di 23 anni. La prima vittima è stata l’ex compagno di liceo Pietro Barbini: ha subito danni permanenti all’occhio destro per via delle ustioni, una necrosi al naso e lo sfregio permanente del viso. Stefano Savi è la seconda vittima: studente di Economia alla Bocconi è stato colpito per errore a causa della somiglianza con la vera vittima designata, il giovane fotografo Giuliano Carparelli, terza vittima mancata della coppia. Carparelli fu preso di mira per una sporadica frequentazione con Martina, ma riuscì a difendersi facendosi scudo con un ombrello.
La storia di Lucia Annibali
Avvocatessa di Urbino, Lucia è stata sfigurata con l’acido da due sicari assoldati dal suo ex: oggi l’uomo, ex avvocato di 39 anni, sta scontando 20 anni di carcere come mandante dell’attentato.
Nel frattempo, la vita di Lucia è cambiata: sopravvissuta al dolore e alle tante operazioni necessarie per la ricostruzione del viso, non si è voluta nascondere. Ha usato le sue ferite, il suo nuovo aspetto, la “nuova Lucia”, come si definisce, per dare voce a tutte le vittime. Si è mostrata in televisione, ha raccontato la sua esperienza e ha messo a disposizione di chi ha subito lo stesso dolore le sue competenze professionali. Lucia è diventata un simbolo di forza. Oggi Lucia Annibali è una deputata del Partito Democratico.
La storia di Gessica Notaro
Poi c’è la storia di Gessica Notaro, bellissima ragazza riminese sfregiata con l’acido il 10 gennaio 2017 dall’ex fidanzato. Per quel crimine Edson Tavares sta scontando 15 anni, cinque mesi e 20 giorni. Anche Gessica non si è nascosta e si è concessa a interviste televisive ed anche ad una partecipazione allo show Ballando con le stelle, dando prova di forza e di capacità di rinascere, il contrario di quello che voleva il suo ex che desiderava annichilirla come donna e come persona o, per dirla con le parole dei giudici d’Appello che hanno emesso la condanna, il suo ex voleva esercitare una “ferma volontà di punire per sempre la vittima privandola non solo della sua speciale bellezza, ma della sua stessa identità, così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola ‘possedere’ egli stesso”.
Rapine all’acido
Ci sono stati casi di gruppi criminali di origine straniera che hanno assoldato professionisti per colpire gli avversari, oppure furti finiti in tragedia come a Rimini dove una donna è stata derubata e poi sfregiata con l’acido dai ladri.
Dove nasce questa violenza
L’Italia si trova ad affrontare una vicenda che fino a pochi anni fa le era sconosciuta, ma che in alcuni paesi ha una storia tristemente lunga. Gli attacchi con l’acido sono usati da decenni in India, Pakistan, Afghanistan, Cambogia e Bangladesh, dove il primo caso documentato di violenza con acido solforico risale al 1967. Le vittime, secondo associazioni locali, sono per l’80% donne, punite per aver “osato” disobbedire alle regole della società maschilista. Chi ha detto no a matrimoni combinati, chi ha rifiutato un partner indesiderato, chi ha denunciato le violenze, o anche chi semplicemente ha voluto pensare e agire con autonomia e libertà, subisce violenza nel corpo e nell’anima.
Il metodo dell’acido è uno sfregio che marchia per tutta la vita, condannando le vittime a dolore e vergogna perenni.
L’India è forse il paese che è più balzato agli orrori della cronaca internazionale per i numerosi casi di attacchi con acido a danno delle donne.
La vicenda di Laxmi, oggi 27enne, ha cambiato le cose: nel 2005 Laxmi è stata attaccata con l’acido mentre stava aspettando l’autobus da un 32enne che si era rifiutata di sposare.
Sopravvissuta al dolore e alle ferite, Laxmi ha intentato causa alla Corte Suprema per la mancata regolamentazione sulla vendita di sostanze corrosive e l’assenza di aiuti alle vittime. Alla fine, l’India ha cambiato le leggi per vendere acidi e simili: vietata la vendita ai minorenni, chi li acquista deve essere registrato su appositi registri dai venditori, con nome, indirizzo e telefono; i commercianti passano i dati delle vendite alla polizia per i controlli; bisogna dimostrare il motivo del loro utilizzo; gli acidi vengono venduti diluiti, in modo da non arrecare danno alle persone. Manca però tutto quello che concerne la cura delle vittime: non ci sono fondi pubblici di aiuto, per guarire sono necessarie molte operazioni e spesso le famiglie sono costrette a interromperle per mancanza di soldi.
Restando all’estero, un altro caso eclatante è quello che ha visto l’ex direttore del Teatro Bol’šoj di Mosca, Serghiei Filin, vittima dell’aggressione dell’ex primo ballerino Pavel Dmitricenko: una storia di rivalse, accuse, gelosie e conflitti nel cuore del balletto più famoso al mondo che si è conclusa con una violenza assurda.