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Sono drammatiche le testimonianze dell’attacco chimico in Siria che ha provocato un centinaio di morti tra cui molti bambini. Tanto che il bombardamento da parte dell’esercito governativo nella zona di Idlib, controllata dai ribelli al regime di Assad, ha provocato una vera e propria strage di bambini. Medici e soccorritori hanno provato, invano, a salvarli.
Questa la testimonianza di Majd Khalf, uno dei Caschi Bianchi siriani: «Avevano la bava alla bocca, sanguinavano dal naso. Abbiamo tentato, li abbiamo spogliati per eliminare gli abiti contaminati, li abbiamo lavati con l’acqua, li abbiamo rianimati ma per tanti di loro non c’era più niente da fare». I Caschi Bianchi sono un gruppo di volontari siriani che da anni si occupano di estrarre da sotto le macerie le vittime dei bombardamenti nelle zone fuori dal controllo del governo. Persone abituate ogni giorno a sangue, disperazione e distruzione. Khalf, volontario come i colleghi, racconta che i bombardamenti aerei sulla cittadina di Khan Sheikhoun sono iniziati tra le 7 e le 8 di martedì mattina. Una pioggia di missili contenenti gas tossici ha portato l’inferno in terra mentre la gente era ancora in casa e i bambini si stavano alzando per andare a scuola: «In tanti sono soffocati nei loro letti».
«Era l’inferno, c’erano corpi ovunque. I bambini sopravvissuti sono tutti ancora in stato di choc», ricorda Khalf che, insieme a medici e guardia civile, intuendo subito la gravità dell’attacco chimico, si è precipitato in strada. «Non sappiamo ancora che tipo di gas abbia usato il regime, avremo informazioni più precise tra qualche giorno ma molti pazienti non presentavano odore di gas clorino e avevano le pupille strettissime». Secondo Save the Children e altri testimoni, l’attacco chimico di ieri in Siria potrebbe essere stato effettuato con il sarin, un gas nervino.
Mentre il regime di Assad nega, come sempre, l’utilizzo di armi chimiche, i suoi sostenitori gridano al complotto accusando gli stessi Caschi Bianchi di voler fare solo propaganda a favore dell’opposizione. Ma questi si difendono e spiegano perché non indossavano tute speciali anti-contaminazione dopo l’attacco (particolare usato dai sostenitori di Assad per provare il presunto complotto): «Non abbiamo equipaggiamenti speciali. Durante i soccorsi cinque dei nostri sono rimasti anche loro intossicati e sono in condizioni critiche».
E mentre Unicef Italia, dopo l’attacco chimico, ha dichiarato che «l’umanità è morta in Siria», Majd Khalf conclude con amarezza: «Al mondo non interessa della Siria. Qua non c’è più nulla. I feriti sono stati portati al di fuori dell’aerea perché a Khan Sheikhoun a Idlib non esiste un ospedale in grado di trattare casi così gravi».
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