Un caffè o una birra per dire no al terrorismo e non permettere alla paura di vincere. A la Bonne Biére, primo dei sei bar e ristoranti colpiti durante le stragi di Parigi del 13 novembre dove morirono 5 persone, riapre i battenti a meno di un mese dalla tragedia. La città è ancora blindata e il ricordo di quanto avvenuto quella notte non è ancora svanito, ma la voglia di ripartire è troppo forte. I titolari, spinti dai dipendenti e dai residenti del quartiere, hanno così deciso di riaprire: qualche lavoro di ristrutturazione e il locale ha accolto i primi clienti.
“Abbiamo fatto un po’ di lavori, ridipinto le pareti e cancellate le stimmate di questo incubo: è stato necessario per motivi psicologici”, ha spiegato la manager del locale Audrey Bily. “La caffetteria Bonne Bière è un luogo di incontro, scambio e condivisione. Questo è il nostro obiettivo ora”.
Davanti all’ingresso ci sono ancora fiori e candele, in omaggio alle vittime della strage, ma i clienti sono già tornati a varcare la porta e a sedersi fuori, ai tavolini. All’ingresso, sulla lavagna dove di solito si segna il menu del giorno, è stato scritto un lungo messaggio per la riapertura; sopra, campeggia uno striscione con la scritta “Je suis en terrasse” (sono in terrazza), uno degli slogan nati dopo gli attentati per indicare la voglia di ritornare alla vita di tutti i giorni, tornando a sedersi ai tavolini all’aperto dei bistrot.
Gli altri locali, luoghi degli attentati, sono ancora chiusi, ma c’è voglia di ricominciare anche lì. Il Bataclan, dove hanno perso la vita 89 persone, ha dichiarato che è intenzionato a riaprire.
Così anche Le Petite Cambodge, uno dei più colpiti, che ha scritto un lungo messaggio sulla home del suo sito, in cui ringrazia per l’affetto ricevuto e chiarisce che riaprirà. “Ci vorrà del tempo per guarire dallo choc”, scrivono i titolari che ricordano coloro che non ce l’hanno fatta. Anche per rispettare il dolore dei parenti e amici delle vittime, l’apertura è stata rimandata. “Le Petite Cambodge riaprirà, perché per ciascuno di noi la vita deve continuare e per il rispetto dei clienti che erano al ristorante quella sera. Non aprire significherebbe cedere e concedere una vittoria che non gli sarà mai data”.
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