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Attentato a Dacca, chi sono le vittime italiane

Il bilancio dell’attentato di Dacca, in Bangladesh è un duro colpo per l’Italia: delle 20 vittime civili, 9 sono italiani, uccisi dal commando di jihadisti che hanno assalto il bar-ristorante Holey Artisan Bakery. La conferma della Farnesina arriva dopo ore di controlli, anche se fin dall’inizio le speranze per la sorte dei nostri connazionali erano molto flebili: 11 gli italiani che erano presenti nel locale la sera dell’attentato, uno di loro, Gianni Boschetti, è riuscito a fuggire. Non la moglie, Claudia D’Antona, una delle vittime della violenza dei terroristi: Simona, aveva solo 33 anni ed era incinta, ma i terroristi non l’hanno risparmiata, come non hanno risparmiato Adele, Marco, Nadia, Vincenzo, Maria, Cristian e Claudio. All’appello manca ancora una decima persona che non risulta tra le vittime e i feriti e che la Farnesina sta cercando di contattare.

L’INFERNO DI DACCA: ‘UCCISI SE NON CONOSCEVANO IL CORANO’

L’Unità di crisi, dopo aver confermato la notizia, ha diffuso i nomi delle 9 vittime italiane della strage di Dacca: Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’Allestro, Maria Rivoli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti.

SIMONA MONTI: 33 anni, originaria di Magliano Sabina, in provincia di Rieti, era laureata in lingue e conosceva il cinese. Lavorava in Bangladesh per la Mauli Spa, azienda piemontese di produzione ingrosso abbigliamento. “Era una ragazza stupenda, intraprendente e rappresentava l’eccellenza di tanti giovani italiani che lavorano all’estero“, ha raccontato commosso Alfredo Graziani il sindaco di Magliano Sabina, dove vive la famiglia. Simona aveva confidato al fratello, don Luca, parroco ad Avellino, di essere incinta e che voleva partorire in Italia, dove sarebbe rientrata a breve. “Questa esperienza di martirio per la mia famiglia e il sangue di mia sorella Simona spero possano contribuire a costruire un mondo più giusto e fraterno“, ha dichiarato il fratello a nome della famiglia.

(Simona Monti)

CLAUDIA D’ANTONA: moglie di Gianni Boschetti, unico italiano sopravvissuto alla strage, che era con lei nel ristorante. Laureata in legge all’università di Torino, era managing directror della Fedo Trading Ltd, di cui il marito era partner, ed era volontaria della croce verde. Come paramedico era stata presente nel 1980-1981 in Irpinia all’indomani del terremoto e durante l’incendio del cinema Statuto di Torino nel 1983. La coppia si era incontrata durate un viaggio in India nel 1991 e da allora non si erano più lasciati: da oltre vent’anni vivevano in Bangladesh.

(Claudia D’Antona e Gianni Boschetti, sopravvissuto)

CRISTIAN ROSSI: 47 anni, originario di Feletto Umberto (Udine). Il consulente si era messo in proprio dopo aver lavorato per molti anni per l’azienda Bernardi. Con la sua Fibres srl si occupava di offrire consulenza alle aziende italiane nel settore tessile in Bangladesh e Cina. Lascia due gemelline di 3 anni. Rossi sarebbe dovuto partire giovedì sera, ma a causa di un contrattempo di era trattenuto qualche giorno in più a Dacca.

MARCO TONDAT: 39 anni, imprenditore nel settore tessile originario di Cordovado (Pordenone), lavorava come supervisore per Studio Tex Limited. Originario di Spilimpergo, si era poi trasferito a Cordovado, sempre in provincia di Pordenonese. Separato, lascia una bimba di 6 anni.

(Cristian Rossi e Marco Tondat)

NADIA BENEDETTI: originaria di Viterbo, era manager director dell’azienda tessile StudioTex Limited. “Ormai abbiamo perso anche l’ultima speranza: mia zia, Nadia Benedetti, è stata brutalmente uccisa nell’attentato in Bangladesh di ieri“, scrive la nipote Giulia su Facebook. ”Non ti sei mai fermata, nemmeno nei momenti difficili – le ha scritto su Facebook -, un branco di bestie ce l’ha portata via. Non dimenticatela”.

ADELE PUGLISI: imprenditrice di 50 anni, di origini catanesi, era manager dell’Artsana, azienda di produzione di articoli sanitari che ha uno stabilimento proprio nella capitale bengalese dove Adele lavorava da aprile del 2014. Prima aveva vissuto due anni in Sri Lanka. Adele sarebbe dovuta partire poco dopo l’attentato per tornare in Italia: suo fratello Matteo l’aspettava per cena. Ma il terrorismo l’ha fermata prima.

(Adele Puglisi)

CLAUDIO CAPPELLI: originario di Vedano al Lambro, cuore della Brianza, proprietario di una impresa tessile che produceva t-shirt, magliette, abbigliamento e intimo, era arrivato in Bangladesh cinque anni ed “era entusiasta”, come ha ricordato il console generale onorario del Bangladesh in Veneto, l’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri, che lo aveva conosciuto lo scorso giugno a un incontro in consolato. “Diceva che era un Paese dove si poteva lavorare molto bene”. Aveva 45 anni. In provincia di Lecco, a Barzanò, lascia una bimba di 6 anni e la moglie, figlia del proprietario della Fratelli Beretta Salumi.

(Claudio Cappelli)

MARIA RIBOLI: classe 1982, originaria di Alzano Lombardo ma da tempo trasferitasi a Solza, sempre nel bergamasco, era in viaggio di lavoro in Bangladesh. Maria lavorava nel settore dell’abbigliamento e si trovava a Dacca da qualche settimana: stando alle prime ricostruzioni, sarebbe morta a causa di una granata lanciata dai terroristi. Lascia una bimba di 3 anni.

(Maria Riboli)

VINCENZO D’ALLESTRO: originario di Piedimonte Matese, nel casertano, anche se nato a Wetzikon, in Svizzera, si era trasferito ad Acerra (Napoli) nell’ottobre del 2015. 46 anni, D’Allestro era nel locale della strage insieme a un’altra delle vittime italiane, Nadia Benedetti: manager di un’azienda tessile napoletana, era in Bangladesh per lavoro. Era sposato da 23 anni con Maria Gaudio.

(Vincenzo D’Allestro)

Lorena Cacace

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