Attentato terroristico a Istanbul, in Turchia, fuori dallo stadio del Besiktas. Il bilancio è salito a 44 morti, quasi tutti poliziotti, e oltre 160 feriti. Sarebbe stata proprio la polizia l’obiettivo dei terroristi che hanno agito sabato sera, un’ora dopo la partita della squadra di calcio cittadina disputata nella Vodafone Arena contro il Bursaspor.
A esplodere per prima un’autobomba piazzata vicino a una camionetta della polizia, rimasta nei pressi dello stadio ormai senza tifosi (a parte gli ospiti, ancora all’interno del loro settore). Meno di un minuto dopo, un kamikaze si è fatto esplodere a poca distanza, nei pressi del Maçka Park. È stata l’autobomba a provocare il numero maggiore di vittime. “Ci sono 38 morti: 30 poliziotti, sette civili e l’identità di una persona ancora deve essere determinata”, ha dichiarato domenica mattina il ministro dell’Interno turco Suleyman Soylu. Dieci persone sono state arrestate perché sospettate di essere legate all’attacco. Secondo il governo i primi indiziati sono gli estremisti curdi del PKK. Il vicepremier turco, Numan Kurtulmus, ha confermato: “Non è sicuro, ma gli indizi portano al PKK”.
Tuttavia nei giorni scorsi l’Intelligence delle Nazioni Unite aveva messo in guardia su possibili attentati da parte dell’Isis, anche se la città indicata come a rischio era Ankara. Non si esclude dunque che alla base degli attacchi possa esserci lo Stato Islamico.
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La Turchia ha dichiarato un giorno di lutto nazionale per domenica. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, come ha fatto sapere il suo ufficio, ha cancellato un viaggio che aveva in programma in Kazakistan. Ha dichiarato che le esplosioni sono un “attacco terroristico contro polizia e civili”, dicendo che lo scopo era di causare il massimo numero di vittime: “Nessuno dovrebbe dubitare del fatto che, con la volontà di Dio, noi come Paese e come nazione supereremo il terrore, le organizzazioni terroristiche e le forze dietro di loro”. Gli attacchi sono arrivati proprio nei giorni in cui Erdogan, attraverso un progetto di revisione costituzionale finalizzato all’instaurazione di un sistema presidenziale, sta cercando di consolidare il suo potere. La Turchia, dove la tensione resta alta dopo il fallito golpe del 15 luglio scorso, rischia dunque una deriva sempre più autoritaria.
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