Youssef Zaghba (sinistra), Khuram Butt (centro) e Rachid Redouane (destra)
Ha un nome e un volto anche il terzo killer dell’attentato di Londra al London Bridge e Borough Market. Si tratta di Youssef Zaghba, 22 anni, italo-marocchino: è stato lui, insieme agli altri due attentatori – Khuram Butt, cittadino inglese di 27 anni di origini pachistane, e Rachid Redouane, 30 anni di origine marocchino-libica – a organizzare l’attacco del 3 giugno che ha fatto 7 morti e 48 feriti la sera del 3 giugno. Madre bolognese e padre marocchino, Youssef era monitorato dai nostri servizi segreti che avvisarono i colleghi inglesi del suo rientro a Londra dopo che fu fermato all’aeroporto bolognese in partenza per la Siria. La polemica sui servizi inglesi non accenna dunque a diminuire: oltre a conoscere Butt, ritenuto il capo del gruppo, grazie a un documentario di Channel 4 sui “jihadisti della porta accanto”, dove si mostrava davanti alle telecamere mentre pregava a Regent’s Park con tanto di bandiera dell’Isis, l’MI5 avrebbe saputo della presenza del 22enne a Londra.
Le autorità italiane confermano alla stampa nostrana e inglese che Youssef Zaghba era volto noto, che era attenzionato e che avvertirono gli inglesi del suo rientro a Londra lo scorso anno dopo il tentativo di recarsi in Siria, passando dalla Turchia. Come confermato a più media, il 22enne fu fermato il 15 marzo 2016 all’aeroporto Marconi di Bologna. Gli agenti italiani si insospettirono per via di un biglietto di sola andata per Istanbul e per il bagaglio ristretto al minimo necessario: uno zaino leggero, passaporto e niente soldi, il che faceva pensare a un viaggio verso la Siria.
Come ha ricostruito Repubblica, e confermato da fonti della nostra intelligence al Guardian, Zaghba fu fermato in aeroporto e finì nel mirino dei servizi. Il pm allora fece partire le indagini sul suo conto, sequestrando pc e cellulare a casa della madre: la donna non avrebbe saputo niente perché il figlio le avrebbe detto di partire per Roma e non per la Turchia.
Grazie alle perquisizioni, gli inquirenti avrebbero trovato video di propaganda dell’Isis e sermoni inneggianti al jihad: solo la cittadinanza italiana del giovane non ha fatto scattare l’espulsione, ma il 22enne era finito nella lista nera. Per questo, gli agenti italiani avvisarono i colleghi inglesi del suo rientro a Londra, dove viveva da tempo presso alcuni parenti, con tanto di dossier completo sul suo conto inviato all’MI5 ad aprile 2016. Tutto inutile se, nel comunicato della polizia inglese, oggi si legge che Zaghba “non era oggetto di interesse da parte della Polizia o del MI5“.
Attentato Londra, il jihadista della porta accanto finito in tv
Butt in un frame tratto dal documentario di Channel 4
La polemica è letteralmente esplosa nel paese, atteso al voto dell’8 giugno e con il governo tory di Theresa May messo alle strette sul tema sicurezza dai laburisti di Jeremy Corbin. Non bastassero le accuse sui tagli alla polizia fatti dal governo conservatore (20mila poliziotti in meno), ora sulla testa della premier pende un’altra spada di Damocle: perché un noto jihadista, che non ha avuto neanche il timore di mostrare il suo volto in tv, era a piede libero?
Nel mirino dei tabloid (e non solo) sono finiti il governo e tutta l’intelligence britannica, a partire dall’MI5. Il solito identikit del “lupo solitario”, già noto alle autorità ma ritenuto non troppo pericoloso, non sembra davvero più reggere di fronte alla prova tv: il documentario era andato in onda lo scorso anno ed era stato visto da 1,2 milioni di persone: come è possibile, si chiede tutta la stampa inglese, che sia stato libero di agire?
I media inglesi stanno ora ricostruendo la vita dei due attentatori. Su Redouane al momento non si sa molto se non che dichiarava di avere origini marocchine e libiche e che aveva anche una falsa identità (Rachid Elkhdar), compreso un documento emesso in Irlanda, dove potrebbe aver vissuto.
Butt con il gruppo di estremisti che pregano davanti alla bandiera dell’Isis
Più articolato invece il ritratto di Khuram Butt, nato da una famiglia di origine pachistana, da sempre vissuto a Londra e tifoso dell’Arsenal, la squadra di calcio di cui indossava la maglietta la sera della strage. Il giovane aveva lavorato da KCF, la celebre catena di fast food del pollo fritto, e lo scorso anno aveva lavorato per sei mesi nella Underground, la metropolitana di Londra, come addetto ai servizi di assistenza, lasciando a ottobre. Padre di due figli, il giovane si sarebbe radicalizzato in Inghilterra anche se, secondo il Telegraph, non sono esclusi contatti con jihadisti pachistani, forse conosciuti tramite parenti.
La foto diffusa dalla stampa inglese del killer durante il servizio alla metro di Londra
Quello che al momento sembra certo è che entrambi vivevano a Barking, a est di Londra, e che almeno Butt abbia avuto contatti con Mohammed Siddique Khan, il terrorista dell’attentato alla metropolitana di Londra del 2005, e con Anjem Choudary, noto predicatore estremista: come si siano conosciuti e come siano entrati in contatto non è ancora chiaro.
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