Piovono sospetti sulla condotta del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, indagato per frode in pubbliche forniture di camici sanitari durante l’emergenza Covid. Nella cronaca di una vicenda ancora tutta da chiarire, spunta un “tesoro” da 5,3 milioni di euro in un conto svizzero: “È una storia pazzesca“, commenta lui, definendosi il primo politico a finire sotto inchiesta per aver tentato di fare un versamento.
La prima scossa di terremoto sulla politica lombarda è arrivata con l’iscrizione del governatore Fontana nel registro degli indagati. L’ipotesi di reato è frode in pubbliche forniture e riguarderebbe la questione dei camici sanitari forniti alla Regione dal cognato del presidente.
A farlo finire nel mirino delle attenzioni investigative sarebbe stato un ordine di versamento di 250mila euro – poi revocato – partito da un conto svizzero di Fontana e diretto a una fiduciaria italiana del cognato stesso.
Dal conto in questione, scrive Adnkronos riportando quanto battuto dal Corriere della Sera, in cui nel 2015 il governatore avrebbe “scudato” oltre 5 milioni di euro, il 19 maggio scorso avrebbe tentato di fare il predetto bonifico. Questo, si legge ancora dall’agenzia di stampa, per neutralizzare “il rischio reputazionale insito nei 75mila camici e 7mila set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama Spa del cognato, Andrea Dini e (per il 10%) della moglie Roberta“. La fiduciaria avrebbe bloccato l’operazione e sarebbe scattata la segnalazione a Bankitalia.
Sarebbero così partite le verifiche sui conti del governatore, “atto dovuto” in seguito ai sospetti esposti dall’Unione fiduciaria in merito a quel versamento.
Il presidente sarebbe accusato di frode per la fornitura di camici, poi trasformata in donazione, dall’azienda del fratello di sua moglie (anch’egli indagato). Ansa conferma che i soldi “scudati” nel 2015 proverrebbero da due trust aperti circa 10 anni prima alle Bahamas dalla madre di Fontana, e costituirebbero l’eredità passatagli dopo la sua morte. “Non vi è nulla di nascosto e non vi è nulla su cui basare falsi scoop mediatici“, ha dichiarato lui via Facebook, definendo la storia “pazzesca“.
“Ma qual è il reato? Di solito – ha aggiunto in una intervista a La Stampa – le persone finiscono indagate perché prendono dei soldi illecitamente. Io invece rischio di passare alla storia come il primo politico che viene indagato perché i soldi ha cercato di versarli. Quando è saltata fuori questa storia e ho visto che mio cognato faceva questa donazione, ho voluto partecipare anch’io. Fare anch’io una donazione. Mi sembrava il dovere di ogni lombardo. La Regione da mio cognato i camici li ha avuti gratis e l’unico reato che vedo veramente è una palese violazione del segreto istruttorio e per questo probabilmente mi rivolgerò ai magistrati di Brescia“.
“Che vadano a vedere tutto quello che vogliono. Noi siamo tranquilli. È una eredità, scudata, regolarizzata, tracciabile e assolutamente ufficiale“, queste le parole di Jacopo Pensa, legale difensore di Attilio Fontana, nello spiegare ad Ansa la situazione dei milioni di euro finiti nel fuoco dell’indagine sul caso camici lombardi.
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