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Autismo: nuova legge per diagnosi, ricerca e cura. Cosa prevede il testo e i punti critici

L’Italia ha la sua prima legge nazionale sull’autismo. La Commissione Igiene e Sanità del Senato ha infatti dato il via libera al disegno di legge in materia di promozione di inserimento sociale, omogeneità di diagnosi e terapia e soprattutto l‘inclusione nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per il trattamento dello spettro autistico. Per la prima volta, i malati di autismo vengono riconosciuti dalla Sanità pubblica che ora dovrà dare a tutti le prestazioni e i servizi di cura per il trattamento della malattia, gratuitamente o con il pagamento di una quota di partecipazione (il cosiddetto ticket). Stabilito anche l‘aggiornamento delle linee guida di indirizzo su prevenzione, diagnosi e cura, che non si fermano più ai 18 anni di età, ma seguono il malato anche nell’adolescenza e in età adulta. Fissati anche nuovi obiettivi per la ricerca volta sia alle cause dell’autismo, ma anche di tipo riabilitativo e sociale. La legge, attesa e invocata da famiglie e studiosi, ha però alcuni punti critici, a partire dall’assenza di fondi.

È stato proprio questo il motivo dell’astensione in commissione del M5S che ha definito la legge “provvedimento pieno di buoni propositi, ma insufficiente nei contenuti e nei risultati”. Quella è che in ogni caso la prima legge in Italia sull’autismo, rischia di rimanere un provvedimento buono solo sulla carta. I fondi infatti dovranno essere sbloccati dal Ministero della Salute ma senza “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, come riporta l’articolo 6 della stessa legge.

Cosa dice la legge
La norma fissa per la prima volta l’inserimento delle cure e trattamenti per le diverse forme di autismo nei livelli essenziali di assistenza sanitaria. Inoltre, viene estesa l’assistenza anche ai soggetti in età adulta a cui bisogna garantire migliori condizioni di vita, attraverso un inserimento nella vita sociale e lavorativa delle persone con disturbi dello spettro autistico. Le linee guida di indirizzo sulla qualità dell’assistenza saranno aggiornate ogni tre anni.

L’inserimento nei Lea permette di accedere a cure e trattamenti del Servizio Sanitario Nazionale gratuitamente o con pagamento di ticket; i trattamenti saranno uniformati sul territorio nazionale e le Regioni (la sanità è materia regionale) che non garantiranno gli interventi adeguati non accederanno ai finanziamenti integrativi nell’ambito del riparto del Fondo sanitario.

Infine la ricerca. Il Ministero della Salute sarà ora impegnato per legge a promuovere la ricerca sia biologica che genetica sulle cause dell’autismo, ma dovrà sostenere anche quella relativa alla riabilitazione e all’inserimento del soggetto nella vita sociale.

I punti critici
Il primo punto critico è senza dubbio l’assenza di fondi ad hoc. Dovrà essere il ministero a stabilire quanti fondi destinare ai malati e alle famiglie e saranno poi le Regioni a doverli gestire: il tutto però senza aumentare la spesa pubblica totale.

Le perplessità però riguardano anche altri punti. L’inclusione scolastica per esempio deve prevedere insegnanti di sostegno che siano qualificati e sempre aggiornati sulle metodologie e i trattamenti. Anche il percorso di inclusione sociale non è chiarito in punti concreti, ma per questi si dovrà attendere le nuove linee guida.

Quello che preoccupa di più le famiglie sono soprattutto quelle pratiche da ciarlatani che cercano di legare lo spettro dell’autismo ai vaccini o ad altre situazioni che con la malattia non hanno nulla a che fare. Su questo è stato chiaro Gianluca Nicoletti, giornalista de La Stampa e padre di Tommy, un ragazzo autistico. “La legge sull’autismo dividerà in maniera manichea soprattutto noi che l’autistico l’abbiamo in casa. Per non sembrare degli ingrati dovremo sforzarci a sorridere e dire che siamo tutti contenti”, scrive sul quotidiano torinese. “La legge sconfesserà i ciarlatani e venditori di fumo che ancora si occupano di autistici senza averne titolo e competenza?”, si chiede. Porre l’attenzione sul tema è fondamentale: non basta celebrare il 2 aprile (Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo), per le famiglie è centrale avere certezze e aiuti concreti che cambino la vita dei malati e dei loro cari.

L’obbligo della diagnosi precoce nei primi 18 mesi di vita? Sarebbe il modo migliore per evitare inutili sofferenze ai bambini e ai genitori, ricorda Nicoletti. La formazione del personale medico e degli insegnanti di sostegno, uno studio su base scientifica sulla prevalenza dell’autismo (il giornalista ricorda che a oggi non si ha il numero preciso di malati in Italia e che il primo studio partirà in in autunno); e ancora la certezza che questa legge non andrà più a “finanziare con soldi pubblici trattamenti riconosciuti inefficaci dall’Istituto Superiore di Sanità”. Un primo passo è stato fatto: ora servono certezze e soldi per renderlo concreto.

Lorena Cacace

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