Dove è tornato a lavorare un autista di scuolabus condannato per pedofilia? Sullo stesso mezzo dove aveva molestato tre minorenni, ovviamente. È successo a Bolzano, ma l’assurdo caso è finito alla ribalta nazionale. Tra mamme arrabbiate e preoccupate, capi della ditta di trasporto con le mani legate e avvocati che cercano di trovare una soluzione. L’uomo, 50 anni, era stato arrestato a dicembre con l’accusa di pedofilia.
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Sullo scuolabus aveva abbordato almeno tre ragazzine di 13 anni, con battute e chiacchiere all’apparenza disinteressate. Poi sono cominciate le molestie: prima migliaia di sms, poi direttamente le foto delle parti intime. Dopo la denuncia da parte delle vittime è arrivato l’arresto. Quindi la condanna a 3 anni e 4 mesi con lo sconto di pena di un terzo, grazie al rito abbreviato e a un risarcimento in denaro alle vittime. L’uomo, in attesa dell’appello, non è finito però in carcere, seppur con l’obbligo di firma. È anzi tornato a lavoro. Sullo stesso scuolabus delle molestie.
Immediata la reazione dei genitori delle ragazzine: “Vista la gravità della situazione, sulla legge deve prevalere il buonsenso: non gli si può permettere di continuare a guidare uno scuolabus, ovvero di avere continui contatti con ragazzine. È troppo rischioso”.
Preoccupato anche l’avvocato difensore del 50enne, Andrea Gnecchi: “Cerchiamo di trovare una soluzione per evitare che il mio assistito, guidando lo scuolabus, possa avere qualsiasi contatto con ragazzine. Intendiamoci, nella sentenza di condanna di primo grado non c’è nulla che gli impedisca di tornare a fare il suo lavoro e comunque quando verranno depositate le motivazioni faremo appello. La cosa migliore sarebbe che si occupasse solo di gran turismo, ovvero di portare in viaggio persone adulte”. Ma questo finora è stato impossibile per il fatto che l’uomo ha l’obbligo di firma mattina e sera e non può allontanarsi troppo dalla città.
È intervenuto anche Mariano Vettori, presidente della società che ha firmato un contratto di subconcessione con la ditta di trasporto dove lavora il 50enne: “Io senza un provvedimento del giudice non posso fare nulla. Ho le mani legate, anche perché non siamo nemmeno di fronte ad una sentenza penale definitiva. Sarebbe un atto illegittimo. Tocca alla magistratura muoversi e prendere le misure che ritiene più opportune”. La vicenda va avanti e rappresenta l’ennesimo paradosso della giustizia italiana.
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