Auto blu, il ritorno. Uno dei temi più caldi dei tagli ai costi della politica, che ha tenuto banco per anni sui media e sulle tribune politiche, si riaffaccia dalle pagine dei quotidiani e promette di far ancora scintille. A riportarle in auge sono i dati pubblicati da Repubblica: il quotidiano ha preso i numeri del censimento ufficiale e li ha passati a una società di data management, la Twig, che li ha analizzati e li ha messi a confronto con quanto pubblicato lo scorso anno. Il risultato è stato un aumento di quasi 9mila auto blu in più in un solo anno, 8.791 per la precisione.
Come è stato possibile? Detto così sembra che lo Stato abbia comprato tutte quelle auto in un solo anno, ma come già avevamo raccontato, la verità sulle auto blu è un po’ diversa. Quello che è emerso dallo studio comparato dei dati è la capacità della politica di far sparire le auto sulla carta, senza intaccare quasi nulla nella realtà.
Il dato di quasi 9mila auto in più è infatti emerso per la maggiore accuratezza del censimento e il maggior numero di risposte di enti e istituzioni che hanno dichiarato di avere almeno un’auto di servizio. Come si legge su Repubblica, “nel comunicare i dati del 2016, il governo sottolineò una riduzione di 1.049 auto, pari al 3,3 per cento rispetto al 2015“; la realtà dei numeri, analizzati da Twig, dice che “per quei due anni, anche per via della maggiore partecipazione al censimento delle amministrazioni, sarebbero emersi quasi 2.000 veicoli in più“.
La capacità di usare i tecnicismi e gli arzigogoli della burocrazia è il vero asso nella manica della politica. Quando Matteo Renzi annunciò, nei primi mesi del 2015, di voler vendere su eBay le Maserati blindate di Stato, il parco delle auto di servizio italiane era già stato diminuito di 20mila unità. Grazie a un decreto del ministero della PA, erano cambiati i criteri del censimento e 20mila auto registrate sotto le Asl, facenti parti delle 60mila complessive, non erano più rientrate nel conteggio.
Non si tratta della differenza tra le auto di servizio, cioè le classiche auto blu con autista, e le auto a disposizione, che non hanno l’autista: enti e istituzioni le hanno entrambe, ma tendono a non denunciarle o a dare meno informazioni possibili in vista del censimento.
Il primato per le auto blu spetta ai Comuni: 16mila le auto blu denunciate, il doppio rispetto ai Comuni italiani (circa 8mila), numeri tra l’altro in difetto se, come scrive il quotidiano, solo il 60% ha dato tutte le informazioni.
Il primato va a Oristano che ne conta 20, seguita da altre città del Sud (Trapani, Brindisi, Messina, Cosenza e Matera. In termini assoluti): le auto senza autista sono invece più a Torino (294), Roma (146I) e Sassari (106).
Ci sono poi i soliti classici casi “all’italiana” di Comuni che hanno auto blu con autista manco fossero New York: nessuno però batte Pietracamela, in provincia di Teramo, che, con 271 abitanti, ha 4 auto di cui 3 con autista.