L’automobile è pervasiva. Potrà dispiacere a qualcuno ma alla fine del XIX secolo è stata avviata una rivoluzione che ha completamente trasformato la natura stessa del mondo e che ancora oggi è al centro della nostra stessa idea di società. L’automobile accompagna ogni aspetto della nostra vita; è quindi normale trovarla come comprimaria o protagonista anche nelle vicende di fantasia. Anche nei fumetti. Come il Maggiolino Volkswagen di Dylan Dog.
Dylan Dog è certamente uno dei fumetti italiani di maggior successo nati al crepuscolo del XX secolo. Creato da Tiziano Sclavi e pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore fin dal 1986, questo personaggio viene definito un “indagatore dell’incubo“. Storie apparentemente dell’orrore ma che in realtà scavano a fondo nei misteri della natura umana. Ma lo fanno in modo interessante ed avvincente, condito da una sana dose di ironia.
Dylan è un personaggio abbastanza anticonformista e poco amante dei gadget tecnologici di cui amiamo circondarci. Non deve quindi meravigliare la sua automobile. Il celebre Maggiolino Volkswagen, versione cabriolet, colore bianco, targa DYD 666. Questa vetusta vettura è un’amica inseparabile per Dylan che continua ad usarla nonostante sia sempre alle prese con qualche guasto. Ma deve anche godere di qualche protezione arcana, poiché più volte è capitato che venisse distrutta in qualche storia per poi riapparire integra nell’episodio successivo.
E’ impossibile riepilogare in questa sede la storia del Maggiolino, perché equivale alla storia della stessa Volkswagen. Ricordiamo solo le fasi principali, del resto ben note a tutti gli appassionati.
XX secolo, primi anni ’30: l’industria automobilistica europea è dedicata quasi completamente alle esigenze di clienti dotati di buone disponibilità economiche. Non esiste ancora un modello di prezzo accessibile alle famiglie di reddito medio-basso; in pratica, nessuno produce una concorrente della Ford Model T.
Nel 1934 Adolf Hitler stava consolidando il proprio regime. Uno degli obiettivi propagandistici principali era lo sviluppo della motorizzazione di massa, attraverso una strategia mista di sovvenzione governativa e di finanziamento indiretto della produzione da parte dei lavoratori-clienti.
La commessa di sviluppar
e un’auto ad un prezzo massimo di mille marchi (circa dieci stipendi di un operaio), capace di raggiungere 100 Km/h e consumi medi in grado di percorrere almeno 14 Km/litro fu affidata a Ferdinand Porsche. Il nome del modello fu appunto Volkswagen, l’auto del popolo. La fabbrica fu impiantata nei pressi del castello di Wolfsburg.
La versione pronta per la commercializzazione fu presentata nel 1939. Ma lo scoppio della guerra ne fece convertire subito la produzione a scopi militari. Nel conflitto la fabbrica venne quasi completamente distrutta e le forze alleate inizialmente pensarono di terminare la demolizione. Quindi la Volkswagen ha rischiato di non nascere mai.
Tuttavia si decise per la ricostruzione. La macchina cominciò ad uscire dallo stabilimento alla fine del 1945. Dopo un paio d’anni in cui le unità prodotte vennero destinate esclusivamente alle forze armate alleate, nel 1948 cominciò la vera vendita al pubblico. Il successo fu immediato, travolgente e inarrestabile. Il Maggiolino diventò ben presto un fenomeno mondiale. Prodotto fino al 2003, ne sono stati costruiti più di 21 milioni e mezzo di esemplari.
Perché il Maggiolino ebbe così tanto successo? Perché era una macchina perfetta per i suoi scopi. Ferdinand Porsche era un assoluto genio, non lo scopriamo certo noi. Il motore posteriore a sbalzo (dietro l’asse) consentiva di ricavare uno spazio adeguato per i passeggeri; soluzione inventata dallo stesso Porsche nei gran premi degli anni ’30 sulle Auto Union e poi usata anche sul primo modello che portò il suo nome, la 356 (che aveva la stessa meccanica del Maggiolino) e su tutte le eredi contrassegnate dalla sigla 911. La prima Volkswagen aveva un design innovativo. Grande efficienza aerodinamica grazie alla sua forma tondeggiante. Inoltre la meccanica era semplice, affidabile e robusta. Insomma, il Maggiolino aveva tutte le carte in regola per regalare la libertà di movimento anche a chi aveva pochi soldi.
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