[didascalia fornitore=”ansa”]Interno di una fabbrica, immagine di repertorio[/didascalia]
La storia raccontata da Mirco Bannini è particolare ma non strana, dato che ciclicamente imprenditori e titolare di aziende italiane lamentano la difficoltà che hanno nell’assumere personale italiano per le proprie ditte. Quello che spesso emerge in questi casi è che buona parte degli italiani preferiscono rimanere a casa senza lavoro (o lavorare saltuariamente) piuttosto che accettare un impiego che prevede turni lavorativi spezzati nell’arco della giornata o turni serali.
L’azienda di Mirco Bannini produce tappi per distillati e si trova a Mombaroccio, in provincia di Pesaro-Urbino.
Dalla sua esperienza è emerso che in cinque mesi di campagna per reclutare nuova manodopera, in pratica non ha trovato nessun italiano disposto ad accettare un lavoro stipendiato con 1500 euro al mese, seppur con turni notturni.
Su otto posti vacanti per i quali era alla richiesta di dipendenti, inizialmente ha ricevuto oltre 900 curriculum, ma poi dopo il colloquio di lavoro, soprattutto gli italiani, hanno poi fatto dietro front, si sono tirati indietro giustificando la loro decisione con la difficoltà di dover lavorare di notte.
Lo scorso gennaio, racconta l’imprenditore: “Abbiamo assunto otto persone, due hanno rinunciato dopo poche settimane. Me l’hanno detto chiaramente, non se la sentivano di fare i turni e di lavorare anche nei festivi”.
Ma ci sono anche quelli che non amano fare i pendolari e che hanno rinunciato al lavoro poiché troppo distante dalla loro abitazione. Racconta ancora Bannini: “Da noi c’è la mentalità che uno deve andare a lavorare in bicicletta, la distanza più lunga che si tollera è di pochi chilometri, 10-11 chilometri”, quindi se c’è da viaggiare molto, in tanti rinunciano, anche perché sono costi aggiuntivi di tempo e denaro.
“Siamo rimasti amareggiati, forse si trattava di persone che non avevano davvero bisogno. I nostri operai per un terzo sono extracomunitari, ci troviamo benissimo: loro sì che hanno bisogno”, conclude evidenziando la gran voglia di lavorare e di adattarsi dei migranti che certo non è stata dimostrata da molti disoccupati italiani.