La situazione nel Balcani non è per nulla tornata sotto controllo ma anzi ora oltre al Kosovo la tensione sta salendo pericolosamente anche nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. Si tratta di un territorio in cui le recenti ferite di guerra sono ben presenti e le fragilità storiche riemergono con prepotenza.
Le vecchie guerre degli anni ’90 sembrano non essersi mai esaurite del tutto, dato che negli ultimi mesi le tensioni stanno crescendo notevolmente e i focolai serbi spingono ora oltre che sul Kosovo anche sulla Bosnia. Minoranze etniche, già in conflitto, riunite successivamente nello stesso stato o repubblica da accordi internazionali avvenuto dopo la guerra, vedono da un lato chi cerca di unire e fare delle differenze una forza contrapposto invece a chi crede nella secessione e nel creare divisioni piuttosto che coesione.
Di recente il nervosismo che si è innescato tra Kosovo e Serbia ha generato malcontento popolare, che si è tradotto in nervosismo che è sfociato in pericolosi, anche se per ora contenuti, scontri tra popolazione serba e kosovara. La famosa guerra delle targhe ha costretto le nazioni europee a gestire la questione inserendosi per mediare tra le due nazioni dei Balcani.
La Serbia spinge per creare tensioni
La tensione che ormai sembrava assopita è invece riemersa più forte che mai negli ultimi mesi e gli episodi capitati hanno preoccupato le autorità internazionali, che temono una nuova escalation militare che porti ad una reale guerra balcanica. Conflitto che ha già mostrato gli esiti ovvero morte e distruzione e, una ripresa, significherebbe regredire sia economicamente ma anche a livello sociale.
La Serbia ha recentemente avuto un nuovo momento di altissima tensione dovuta alle divergenze tra etnia kosovara e etnia serba. Dopo essersi divise, secessione che non è mai stata riconosciuta dal governo di Belgrado, la tensione tra etnie differenti per cultura e religione sì è assopita, ma è sempre rimasta presente anche se, le due Nazioni, hanno sempre portato avanti un percorso differente in merito alla problematica.
Il problema più recente nasce nella città di Mitrovica che si trova in territorio kosovaro al confine con la Serbia. La città è divisa esattamente in due da un fiume, che non suddivide soltanto nord e sud di Mitrovica, ma anche minoranza kosovara e minoranza serba. La popolazione kosovara è a prevalenza albanese e di religione musulmana mentre la popolazione serba è di religione cristiana ortodossa.
Pristina ha sempre cercato di minimizzare le differenze e creare coesione tra popoli, ma dall’altra parte Belgrado ha invece sempre ritenuto la minoranza kosovara come un problema da estirpare. Questo succedeva durante la guerra ma si è riproposto in maniera identica nella città di Mitrovica.
La tensione è salita quando il governo kosovaro ha imposto che le auto con targa serba venissero sostituite con targhe kosovare e questo ha sollevato un polverone tra le etnie in contrasto. Sono scaturiti contrasti che hanno portato all’arresto di un ex poliziotto serbo a Mitrovica. Questo ha provocato le dimissioni di numerossimi funzionari comunali che hanno abbandonato il loro posto spinti dalle autorità serbe.
Belgrado difatti controlla gran parte delle scuole ma anche degli ospedali e le istituzioni comunali fanno capo al governo di Vucic. Si sono dovute muovere le forze militari della Nato e si sono schierate sul confine dove sono nate barricate che impedivano di oltrepassare la zona ai kosovari. Dopo varie intromissioni dell’Ue e delle nazioni occidentali la situazione sembra tornata sotto controllo.
In realtà emerge una situazione molto più complessa che vede focolai serbi in diverse zone dei Balcani che gettano benzina sul fuoco e spingono nel creare attriti tra etnie differenti che covano già da anni rancori reciproci. Un chiaro e attualissimo esempio è ciò che sta accadendo nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.
La provocazione della Bosnia appoggiata da Belgrado
Oltre al Kosovo, in questi giorni è tornata a attirare l’attenzione la situazione della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, la Republika Srpska. Dodik, presidente della repubblica serba di Bosnia, ha esposto, nuovamente e con fermezza, la sua posizione ovvero il desiderio di una secessione e soprattutto la profonda volontà di unirsi alla Serbia. In occasione della festività della Republika Srpska, ritenuta incostituzionale da Sarajevo, il leader dei serbi locali ha specificato che “non c’è mai stato un popolo serbo bosniaco, ma solo i serbi che hanno diritto all’espressione democratica e al raduno”. Durante le celebrazioni della festa con inno serbo bosniaco e elogi al governo serbo e Vucic, è emersa l’intenzione di consegnare un’onorificenza al presidente russo Putin e quest’ultimo è stato descritto come “l’artefice dello sviluppo e del rafforzamento della cooperazione e delle relazioni politiche e di amicizia tra la Republika Srpska e la Russia” e grazie al quale “la voce e la posizione della Republika Srpska sono ascoltate e e rispettate” e questa è “preservata dall’assalto dell’interventismo internazionale”.
La decisione di offrire l’onorificenza al capo di stato russo proprio in questo momento di pieno conflitto in Ucraina è una reale presa di posizione. Le nazioni occidentali hanno appreso la notizia con stupore e l’azione ha sollevato critiche e dissenso. Durante la festa erano presenti numerosi cittadini russi e anche la vicina Serbia ospita un consistente numero di cittadini che sono più che benvenuti. Un alloggio alla Russia che ha nel frattempo, in maniera velata, rafforzati i suoi rapporti con le due nazioni e soprattutto ha cominciato a soffiare sul fuoco già acceso alimentando così vecchi dissapori.
Questo perché aiutare e appoggiare Serbia e Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina vuol dire creare per Putin un legame che può tornare utile e permette anche al presidente russo di avvicinarsi all’Occidente. Un chiaro tentativo di smuovere le acque e avere potere anche nella zona dei Balcani che ha sempre attirato l’interesse di Mosca data la sua posizione strategica.
Ora si teme che possa riaccendersi un conflitto che può espandersi e creare coalizione e dinamiche molto pericolose che necessiterebbero dell’intervento europeo ma così i filorussi chiederebbero l’intervento della Russia. L’obbiettivo delle Nazioni Unite è quello di tenere la tensione crescente sotto controllo ma senza fare pressione e alimentare così le accuse all’occidente di intromissione eccessiva.