Nel nostro immaginario di latini, romanzieri e narratori, la mamma è sempre buona, accogliente, accomodante, complice. Per Noi maschi è sicuramente quella che ci ama più di qualunque altro essere, è quella che cucina meglio, stira meglio, pulisce meglio, ci accudisce meglio. Ma la realtà è differente.
E tralasciando i profili psicologici tracciati da esperti, spesso gli investigatori si sono imbattuti nella dimensione delle mamme, donne o se vogliamo femmine, di qualunque età e ceto, riscoprendole, attraverso i tecnicismi dell’indagine, impulsive, violente, traditrici, manipolatrici, assassine.
E le femmine non è vero che sono tutte “mamme” e “buone” così come le abbiamo idealizzate. La narrativa sin da tempi remoti lo sapeva ma le aveva relegate al ruolo di “matrigne” per stabilire una discontinuità tra la mamma biologica e quella che l’aveva sostituita. Ma in realtà era un messaggio dettato in forma un po’ criptica per segnare un confine tra la genitrice e quella che era venuta dopo, ovvero tra quella che ama la prole e quella che la soffre. Ovviamente è solo fantasia romanzata, la realtà ci dice altro e quasi riabilita le matrigne, perché entrambe sono mamme e streghe allo stesso tempo.
Basta scorrere i referti presso i vari pronto soccorso per leggere di incidenti capitati a figli, dovuti a cadute dalle scale; scivoloni; colpi presi da porte o finestre; ferite e lacerazioni causate da bottiglie, vasi, ferri da stiro, oggetti vari “caduti” accidentalmente da un tavolo o da un mobile e così via.
Quanti di questi incidenti sono veramente tali e quanti invece sono indebite giustificazioni fornite per eludere o aggirare il codice penale? e molto spesso i sanitari lo sanno, più dei mariti, a volte consapevoli dei limiti delle loro mogli o compagne, altre volte completamente all’oscuro.
Nelle case si consumano la maggior parte dei misfatti, taciuti per vergogna o per complicità…perché l’orco lo abbiamo vicino e non sempre è maschio.
E se poi un figlio, ribellandosi, minaccia di riferire (magari al padre) quello che ha visto o sentito, ecco che pur di salvaguardare la sua onorabilità o di perseguire il suo disegno, può scattare la molla più estrema, quella della sopraffazione giungendo anche all’omicidio. Perché il suo desiderio è più impellente, le sue esigenze primarie, le sue voglie irrinunciabili, la sua immagine importante. E conta al di sopra di tutto, più di quella di ogni altro essere, più di qualunque vita, a qualunque prezzo, perché è l’immagine della mamma.
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