Così il Premier Renzi in riferimento al decreto legge, approvato al termine del Consiglio dei Ministri di martedì, contenente importanti e radicali misure per la riforma delle banche popolari: “è una riforma storica. In Italia ci sono molti banchieri, ma facciamo poco credito”. Nel dettaglio, il decreto legislativo che in primis ha toccato la riconversione in società per azioni degli istituti popolari.
Le misure
Il Governo nella sessione del 20 è intervenuto sulla questione delle banche popolari italiane con un patrimonio superiore agli 8 miliardi di euro. Nello specifico, si parla di 10 istituti bancari, che entro 18 mesi dovranno trasformarsi in società per azioni – S.P.A. -.
È stato abolito il voto “capitario”, secondo il quale ogni socio ha la possibilità di un voto, al di là della quota di azioni possedute. Il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, al termine del Consiglio dei Ministri, nella conferenza stampa ha chiarito alcune delle voci riportate nel decreto: “Questa trasformazione renderà queste banche più forti, ma allo stesso tempo, siccome stiamo uscendo dalla crisi, abbiamo sia un’opportunità che una necessità: ovvero, mettere progressivamente il sistema bancario italiano in condizione di sostenere una maggiore concorrenza”.
Cosa cambia?
Per le 10 banche, i 10 istituti popolari – il Banco popolare, Ubi, la Banca popolare di Milano, la Banca popolare dell’Emilia Romagna, la Banca popolare di Vicenza, Veneto Banca, la Banca Popolare dell’Etruria, la Banca popolare di Bari, il Credito Valtellinese e la Banca popolare di Sondrio – regolati fino a qualche ora fa dagli articoli 29-32 del Testo unico bancario, nella pratica è in atto una rivoluzione: le banche popolari diverranno istituti scalabili: il desueto sistema capitario – abolito dopo trent’anni – fa spazio alla logica che regola le S.P.A.
Con il decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri ha abrogato le norme previste dall’articolo 30 del Tub, eliminando il voto capitario ed il limite dell’1% per il possesso del capitale da parte del singolo socio dell’istituto popolare in questione.
L’espressione gergale “una testa un voto” – secondo cui ogni socio in assemblea avrebbe potuto esprimere un solo voto, indifferentemente dalle quote possedute -, che ha regolamentato il ciclo di vita delle popolari, istituti le cui matrici di fatto sono state le cooperative, è stata soverchiata da un nuovo linguaggio bancario, che fa fede alle percentuali a disposizione del singolo azionista. Si profilano delle nomine per la direzione di tali nuove creature – riemerse dalle ceneri delle popolari – dettate più dal peso finanziario dell’azionista che dal consenso unanime di tutti i soci.
Chi resta fuori
Nel decreto “Ivestment Compact” non rientrano le Bcc – le Banche di credito cooperativo – che osserveranno ciò che non vale più per determinate popolari: il voto capitario. Rispetto alle popolari, il credito cooperativo si caratterizza per un business dalle dimensioni più ridotte e per una tipologia di servizi erogati in linea di massima ai soli soci, che richiedono un’assistenza mutualistica.
Frattanto
Nell’attesa che polveroni si sollevino da parte dei vertici di Assopopolari – che alcune indiscrezioni danno già pronti ai posti di partenza per dichiarare l’incostituzionalità dell’intera misura -, 18 mesi hanno a disposizione tali istituti per trasformarsi in S.P.A. , altrimenti si potrebbe arrivare a discutere della liquidazione coatta amministrativa e del divieto di intraprendere nuove operazioni. Si prevede un netto abbassamento della quota di votanti necessaria in assemblee dei soci per la trasformazione delle popolari in S.P.A.
In assemblea, alla seconda convocazione – la più importante secondo la comune prassi delle assemblee delle popolari – basterà la maggioranza dei due terzi dei votanti, senza altre complicazioni di forma. Intanto al mercato non dispiacciono le disposizioni del Consiglio dei Ministri, che rendono maggiormente appetibili le popolari a scalatori provetti – banche, tanto per citare il Monte dei Paschi di Siena, che in questo momento versano in condizioni non proprio felici potrebbero attingere a nuovi bacini di capitali -.
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