Il Paese si trova al 162esimo posto nella classifica che misura il livello di libertà di stampa in ogni Stato, aggiornata ogni anno da Reporters senza Frontiere.
Il motivo della decisione sarebbe da attribuire a una presunta violazione delle leggi nazionali relative alla stampa e alla pubblicazione dei giornali.
La libertà di stampa non se la passa affatto bene in alcuni Stati nel mondo. Tra questi rientra sicuramente anche il Bangladesh. Il governo del Paese dell’Asia del Sud ha infatti emanato un ordine con cui ha sospeso la stampa dell’unico giornale del principale partito di opposizione.
Per oltre tre decenni il Dainik Dinkal, questo il nome della testata di lingua bengalese, ha dato voce al partito nazionalista del Bangladesh, in breve BNP. Si tratta di un quotidiano che si occupa di cronaca e politica, inclusi i frequenti arresti ai danni dei membri del partito di opposizione di riferimento. Più volte il BNP ha infatti accusato le autorità, sostenendo che i migliaia di casi contro i loro sostenitori fossero infondati.
Ora centinaia tra giornalisti e dipendenti rischiano di rimanere senza lavoro a causa della decisione del governo. Oggi la testata ha fatto sapere che le autorità avevano disposto la chiusura del giornale già il 26 dicembre scorso. La pubblicazione e la diffusione erano però andate avanti grazie a un ricorso presentato al Consiglio della Stampa, presieduto da un giudice dell’Alta Corte.
“Il Consiglio ha rigettato il nostro ricorso nella giornata di domenica, confermando così l’ordine del magistrato distrettuale di interrompere la nostra pubblicazione”, ha dichiarato il direttore responsabile della testata Shamsur Rahman Shimul Biswas, come ha riportato Al Jazeera.
Come spesso accade nei paesi dove vige la censura de facto, così come la repressione del dissenso, anche in questo caso il governo bengalese ha usato un pretesto per sbarazzarsi del giornale. Secondo quanto riportato dall’agenzia AFP, che ha ottenuto una copia dell’ordine di chiusura, il motivo della decisione sarebbe da attribuire a una presunta violazione delle leggi nazionali relative alla stampa e alla pubblicazione dei giornali. Questo ha comportato la revoca del permesso di andare in stampa.
Secondo quanto contestato dal Consiglio della Stampa, l’editore del giornale Tarique Rahman, che è anche a capo del partito d’opposizione BNP, aveva subìto una condanna penale e viveva all’estero pur mantenendo i suoi incarichi. Il direttore della testata, tuttavia, ha affermato come l’editore, ora a Londra, aveva all’epoca rassegnato le sue dimissioni e nominato un nuovo editore, ma le autorità locali non avrebbero accettato questi cambiamenti. “La chiusura fa parte del piano del governo per silenziare le voci del dissenso e la libertà di stampa“, ha affermato il direttore. Il governo non ha voluto commentare la vicenda.
A seguito della chiusura, i sindacati dei giornalisti e i reporter sono scesi in piazza per protestare. Il ritorno del Bangladesh a una forma simile all’autoritarismo è stata più volte paventata da attivisti e governi stranieri. Anche gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per gli sforzi condotti dal primo ministro Hasina per silenziare le voci critiche. Solo lo scorso mese il governo del premier aveva disposto la chiusura di 191 siti web, accusati di pubblicare “notizie contro lo Stato”, citando fonti di intelligence. Ancora prima, nel 2018, il governo aveva bloccato alcuni siti più e più volte, anche poco prima delle elezioni nazionali.
Secondo il rapporto 2022 di Giornalisti Senza Frontiere (RSF), il Bangladesh si trova al 162 posto nella classifica che indica il grado di libertà di stampa in ogni Stato. Ancora più in basso anche di Russia e Afghanistan.
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