Il rapper Pablo Hasél è stato arrestato lo scorso 16 febbraio con l’accusa di “esaltazione del terrorismo e ingiurie alla Corona” per aver scritto diversi tweet tra il 2014 e il 2016 contro la famiglia reale spagnola oltre che la canzone Juan Carlos El Bobón. Ha poi sostenuto il gruppo terrorista Grapo. Il processo, iniziato nel 2018, si è concluso con una condanna a un anno e 9 mesi e una multa di 24 mila euro.
Pau Rivadulla Duró, questo il suo vero nome, una volta saputo della condanna, si è barricato dentro l’Università di Lleida per circa 24 ore con alcuni sodali, dopodiché la polizia catalana ha fatto irruzione.
L’arresto ha scatenato una serie di dure manifestazioni in Spagna, a Barcellona ma anche a Madrid e Valencia, contro un’azione considerata “fascista” poiché lesiva della libertà di opinione. Da allora, proseguono soprattutto nel capoluogo catalano.
Il Vicepresidente del Governo di Spagna Pablo Iglesias ha annunciato che verrà avviata una riforma del Codice Penale e il suo partito Podemos ha fatto richiesta di indulto per il rapper. Il governo comunque fa sapere che l’intervento delle forze dell’ordine è finalizzato solo a mantenere ordine pubblico e non a limitare le proteste, che in questi 6 giorni sono state particolarmente accese soprattutto in Catalogna.
Ieri notte a Barcellona i manifestanti hanno ancora lanciato oggetti, pietre e razzi contro i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, che hanno risposto caricandoli. Sono stati poi nuovamente distrutte vetrine e saccheggiati negozi come avvenuto nei giorni scorsi.
Inizialmente, ieri sera alcuni artisti hanno creato un murale contro i regnanti per un sit-in pacicifico di solidarietà a Pablo Hasél, ma poi la situazione è degenerata.
A oggi, sono circa un centinaio le persone fermate in tutta la Spagna dall’inizio delle proteste, e altrettanti sono i feriti. Numeri destinati a salire visto che i manifestanti non hanno intenzione di smettere di battersi per la libertà d’opinione.