Cari creativi, volete lavorare a titolo gratuito per il ministro Beatrice Lorenzin? Sì, avete capito bene, gratis: non vorrete pesare mica sul bilancio del ministero della Salute! Del resto alcuni vostri colleghi pare che lo abbiano fatto già. Dopo il Fertility Day e le polemiche derivate dalla disastrosa campagna di comunicazione, il ministro Lorenzin torna a fare discutere. Ospite del programma di Lilli Gruber “Otto e mezzo”, ha fatto scoppiare il caso dei creativi a titolo gratuito al ministero della Salute.
Dopo aver ammesso che molti comunicatori lo hanno già fatto, ha lanciato un appello affinché altri contribuiscano alle campagne di comunicazione ministeriali senza ricevere in cambio un euro (solo in un secondo momento ha parlato di bando, ma è sembrato più un modo per salvarsi in corner).
“In questi giorni ho visionato tutto, ho visionato il nuovo manifesto che abbiamo fatto fare a dei creativi che si sono offerti di farlo gratuitamente”, ha detto la Lorenzin. Come? Un ministero (un ministero!) che non ha i soldi per pagare dei grafici, e li fa lavorare gratis? Poco importa se sono stati i grafici stessi a offrirsi volontari: la sostanza non cambia. Viene da chiedersi: chi sono queste persone e perché hanno deciso di svendersi così, alimentando un sistema secondo cui chi fa un lavoro creativo non è degno di essere pagato, o si debba accontentare della visibilità e di “fare curriculum”? Provate a chiedere a un idraulico, ad esempio, di sturarvi il lavandino gratis, ricompensandolo in visibilità. Oppure, dopo esservi fatti fare taglio e piega dal parrucchiere, dategli una pacca sulla spalla e andate via.
Dopo l’ammissione che alcuni professionisti (perché grafici, comunicatori e creativi sono dei professionisti) hanno già lavorato gratis, ecco l’appello affinché altri seguano il loro esempio. La Lorenzin, annunciando che il ministero andrà avanti con la campagna del Fertility Day, riconosce errori di comunicazione e chiede aiuto: “Chiediamo ai creativi di aiutarci, possibilmente a titolo gratuito, perché dobbiamo rientrare nel bilancio”. Bilancio che evidentemente, secondo la politica, non è un problema per chi di mestiere ha scelto di fare il creativo.
Visto che di nuovo di Fertility day si parla, una considerazione viene naturale: è ovvio che tra i grafici ci siano anche donne che, dopo aver offerto al ministro la loro professionalità senza ricevere compenso alcuno, dovrebbero sentirsi anche in colpa se non hanno ancora la possibilità economica di procreare. Perché se un ministero non ha i soldi per pagare i suoi collaboratori, figuriamoci la disponibilità economica di questi nel pagare pannolini, asili nido, babysitter e pediatri. Una famiglia non si mantiene a suon di pacche sulle spalle e visibilità…
La Lorenzin alla fine, forse resasi conto della gaffe, ha cambiato le carte in tavola: “A questo punto faccio un bando e se spenderemo anche un euro in più penso che nessuno si offenderà, chiamiamo dei buoni creativi che ci aiutino a parlare alle persone”. Fosse la reale intenzione del ministro (e non un modo a salvarsi in calcio d’angolo), ben venga un bando per assumere e pagare dei creativi. Resta il fatto che molti hanno già lavorato gratis, e un ministero che non paga i suoi collaboratori è inaccettabile.
La frase, tra l’altro, suona un po’ offensiva nei confronti di chi gratis ci ha già lavorato: quel “chiamiamo dei buoni creativi” lascia forse sottintendere che quelli che hanno lavorato gratis non lo fossero, e che forse la campagna del Fertility Day è fallita e ha ricevuto critiche da tutte le parti proprio per questo? Per chi ha lavorato gratis al danno si aggiungerebbe pure la beffa: il pagamento non è avvenuto né in denaro né in visibilità. L’unica ricompensa è un giudizio negativo proprio di chi ha commissionato il lavoro… A questo punto non ci resta che sperare che il bando (se ci sarà) non sia come quello del collega Alfano che a marzo mise a concorso dei posti da giornalista al Viminale senza retribuzione.
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