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Bebe Vio è solo l’ultima delle vittime della cattiveria e della frustrazione che infetta Facebook. Dopo essere stata minacciata di violenza sessuale da una pagina del social network, poi rimossa, ha deciso di denunciarla alla Polizia Postale: «Ho denunciato perché voglio sapere chi è questa persona, ma soprattutto perché può essere un esempio per le altre persone», ha detto la campionessa paralimpica di scherma. Campionessa anche di autoironia, visto come affronta la vita nonostante la grave malattia che l’ha colpita. Quando aveva undici anni soffrì di una meningite fulminante che degenerò in una forte infezione, rendendo necessaria l’amputazione di braccia e gambe.
Nemmeno la grave disabilità ha fermato le serpi che strisciano sui social, che l’hanno presa di mira con insulti e squallide battute a sfondo sessuale per sfogare stupidità e infelicità. Bebe Vio fu presa di mira già ai tempi della famosa cena a casa di Barack Obama insieme a Matteo Renzi e Roberto Benigni. Quando pensavamo di averle viste tutte, su Facebook è spuntata una pagina che istigava la violenza sessuale sull’atleta. «Quello che successo a me è veramente poco rispetto a quello che succede nel mondo dei social, a tante altre persone succede però non dicono nulla. Il mio messaggio è dire a tutti quanti: quando succede qualcosa ditelo, difendetevi, far finta di nulla è come accettarlo». L’ha presa anche con ironia, come al solito, e con il conduttore televisivo Alessandro Cattelan ha realizzato uno spot ironico dal titolo: «Dona un neurone ai disagiati del web».
La questione sui social va avanti con la battaglia della giornalista Selvaggia Lucarelli che è intervenuta a difesa di Beatrice Vio e contro le pagine Facebook improntate sul black humour, inondate ancora di insulti e becera ironia verso la campionessa. Tra i leoni da tastiera anche tante donne. Verrebbe subito da chiedersi come sia possibile che una donna riesca a fare spregevoli commenti sessisti, a sfondo sessuale, su un’altra donna, disabile tra l’altro. Alimentando (ridendoci su, e non condannandola) l’istigazione alla violenza sessuale. L’invidia tra donne esiste eccome, ma la parola violenza sessuale, seppur limitata a una disgustosa pagina su Facebook, dovrebbe sopprimerla e far scattare un meccanismo di solidarietà anche nelle più cretine. Perché di cretine si tratta. E invece no. Ma poi, pensandoci meglio, perché fare distinzione in questo caso? La cattiveria, la stupidità e la frustrazione umana non hanno sesso: sono unisex.
Una di queste stupide ragazzine sta pagando con lo spietato contrattacco della Lucarelli, che ha fatto lo screenshot dei commenti incriminati senza oscurare il nome dell’autrice. Il risultato? La leonessa da tastiera, con la coda tra le gambe, ha inondato la sua bacheca di messaggi in cui giura di essere stata hackerata e che lei quelle schifezze su Bebe Vio in realtà non le ha mai scritte. Chiedendo agli utenti incavolati neri di smettere di insultarla in posta privata. Ma si sa, chi di insulti ferisce…