Beppe Grillo è stato condannato per diffamazione nei confronti di una parlamentare Pd.
La deputata Cinzia Capano era stata ricoverata d’urgenza a causa di un malore a maggio del 2011, ma Grillo la accusò di aver fatto disertare l’Aula solo per sabotare il referendum.
I giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Bari, hanno condannato Beppe Grillo – il 30 settembre 2022 – per diffamazione aggravata nei confronti di una ex parlamentare barese di nome Cinzia Capuano, i motivi sono i seguenti:
“Il diritto di critica, anche quella politica, è un bene prezioso della democrazia. È uno dei pilastri sui quali si fonda lo Stato democratico. Se viene meno il diritto di critica, viene meno la democrazia. Esso, però, non può spingersi né può essere accolto oltre il concreto senso della ragionevolezza; non può insomma fondarsi sulla menzogna; non può confondersi con la menzogna denigratoria; non può costituire menzogna denigratoria finalizzata all’attacco personale lesivo della dignità della persona.”
La sentenza, della quale motivazioni sono state proprio in questi giorni depositate, riguarda soltanto il risarcimento del danno arrecato, che sarà poi quantificato dal giudice civile. Il giudice monocratico durante un primo grado aveva assolto Beppe Grillo. La condanna di quest’ultimo riguarda delle dichiarazioni che ha fatto durante Annozero, trasmissione di Raidue, il 9 giugno 2011. Grillo raccontò di quando si assentò in Aula la parlamentare barese Cinzia Capano in occasione del voto per quanto riguarda la proposta di unificare nell’Ection day il referendum amministrativo di maggio 2011 e quello sull’acqua pubblica, accusando Cinzia Capano e tutti i parlamentari che quel giorno erano assenti di aver fatto fallire volutamente l’accorpamento per sabotare la consultazione popolare e vantaggiare le lobbies con la privatizzazione dell’acqua.
Il 16 marzo del 2011, giorno del voto, Capano era assente in quanto ricoverata in ospedale d’urgenza a causa di un malore grave. E ciò fu chiarito immediatamente tramite un comunicato dal Pd. Ovviamente, scrive la Corte, quella di Grillo è una palese menzogna oltre che un attacco immotivato alla persona. Inoltre, è stato scritto nella sentenza, nonostante tutto Grillo confezionò comunque il suo intervento in televisione, denigrando così Capano che ovviamente e giustamente querelò il leader di M5S. Poi i giudici scrivono:
“È vero viviamo in un’epoca di post-verità, così come è stata più volte definita da eminenti filosofi e sociologi. È l’opinione che si sostituisce alla verità. La Giustizia si fonda sulla verità, non sulla menzogna e costituisce il primo e più importante baluardo a protezione della civile convivenza”.
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