Le immagini delle bare sui camion militari, i corridoi degli ospedali stipati di pazienti attaccati alle bombole, le sirene incessanti delle ambulanze: la ricordiamo così Bergamo, nel picco dell’epidemia, che la colpì ferocemente lo scorso marzo. Immagini che fecero il giro del mondo e che al mondo lanciarono un messaggio potente: “siamo in guerra”. In guerra contro il virus. Ma ora, mentre alcune città italiane subiscono i fendenti di una seconda e, in alcuni casi, più recrudescente ondata di contagi, Bergamo sembra scoprirsi una città immune. O meglio, con una crescita di casi decisamente inferiore alle altre città lombarde.
“Abbiamo casi che arrivano da altre province – spiega Maria Beatrice Stasi, direttrice generale dell’Asst Papa Giovanni – La situazione è di equilibrio. Cerchiamo dunque di alleggerire le aree più toccate, dove la pressione è maggiore”. Il grande focolaio lombardo questa volta è a Milano con i suoi oltre 3mila nuovi contagi di ieri. Seguono Monza-Brianza (930 positivi ieri), Varese (920) e Como (573). “Nella provincia si è sviluppata una sorta di immunità diffusa“, riferisce Fabio Pezzoli, direttore sanitario del Papa Giovanni.
Durante la prima ondata di contagi da Covid-19, Bergamo era diventata la città degli 11 mila morti: quasi un morto su 3 dei 36mila totali. Una stima, tra l’altro che tiene conto delle cifre ufficiali e ignora le vittime sommerse, quelle non registrate in quanto decedute “con Covid” e non “per Covid”. Nel cuore della val Seriana – nelle mancate zone rosse di Nembro, Alzano, Cene, e Albino – circa la metà della popolazione è entrata in contatto con il virus.
“Ho martellato per mesi sull’importanza del distanziamento. Nella fase acuta dicevo: nessuno incontri nessuno. Oggi dico: isoliamo gli over 65 per proteggerli“, racconta Luca Lorini, primario della Rianimazione, a La Repubblica. E aggiunge: “Quando vedi la morte in faccia, il lusso irresponsabile di tenere la mascherina sul gomito non te lo concedi“. E’ quello che è accaduto a Bergamo, dove di gente senza mascherina in giro se n’è vista davvero poca, anche prima delle nuove restrizioni. “Oggi abbiamo 20 pazienti ricoverati in terapia intensiva – spiega Lorini – Nel periodo nero ne avevamo 110. E 550 erano i malati“.
Intanto, nel resto della Lombardia, il virus si diffonde rapidamente e Bergamo si prepara a soccorrere le città di nuovo sotto attacco. “Per un paio di mesi abbiamo avuto un numero costante di pazienti positivi attorno alle 20 unità. Dal 15 ottobre a oggi siamo arrivati a 55“, racconta ancora Beatrice Stasi. La situazione è diversa e più complicata a Treviglio, a metà strada con Milano, dove i letti sono quasi pieni. Insomma, in Lombardia la situazione è ogni giorno più critica e, nonostante la speranza rappresentata da Bergamo, è ancora presto per coltivare ottimismo.
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