Il presidente U.S.A. Joe Biden, che presiede il nono Summit delle Americhe a Los Angeles, affronterà coi suoi omologhi i temi cruciali per la cooperazione tra gli stati del continente.
Il meeting venne istituito nel 1994 dal presidente a stelle e strisce Bill Clinton, famoso per la sua politica estera “vivace” e volta all’interventismo, per assicurare e favorire dialogo e armonia decisionale tra i leader del “Nuovo Mondo”.
La democrazia, tema spesso usato da Biden in politica estera per cementare il fronte degli alleati intorno a Washington (sedicente storico alfiere della forma di governo), contraddistingue il focus del rendez-vous; eppure l’esclusione di alcuni stati ha determinato dubbi sull’effettiva applicazione di questo valore e ha generato malumori e prese di distanza.
Gli Stati Uniti, gli organizzatori annuali, non hanno invitato i rappresentanti di Cuba, Venezuela e Nicaragua a causa del non rispetto degli standard democratici di questi territori.
Alcuni leader si sono opposti alla decisione, denunciando il cortocircuito logico: un summit pensato per permettere ai capi di governo americani di incontrarsi e discutere di politica continentale, manifestando in tal senso una forte esempio di democraticità, vede l’esclusione dal consesso di alcuni paesi, ciò ad opera della nazione sedicente più democratica ed in nome della stessa democrazia. Insomma si fa un torto alla dialettica insita nella democrazia per salvaguardare la stessa.
Questo il doppiopesismo imputato a Washington da alcuni premier centro e sud americani, che ne hanno motivato l’assenza (sopperita da rappresentanti minori dei rispettivi governi). Così hanno agito Lopez Obrador (Messico), Luis Arce (Bolivia) e Xiomara Castro (Honduras).
Entrando maggiormente nelle questioni di merito del Summit, nel suo intervento di apertura il presidente Biden mette in fila le parole d’ordine nel rapporto tra gli stati partecipanti: democrazia, cooperazione ed innovazione.
Innanzitutto la difesa del valore politico è vitale per il mantenimento della pace nello spazio compreso tra oceano Atlantico e Pacifico, soprattutto ora che i dittatori mondiali si imbaldanziscono e propongono spietate vie di potenza (chiaro il riferimento a Putin e Xi Jinping).
Proprio alla guerra in Ucraina scatenata dal presidente russo Biden fa riferimento quando annuncia una modulazione delle sanzioni sulla base dell’andamento dei negoziati sulle sorti del paese europeo invaso.
Sempre di riflesso al conflitto, gli Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione condivisa con Messico, Canada, Argentina, Brasile e Cile di incrementare la rispettiva produzione alimentare e di fertilizzanti.
Questi invero sono i maggiori produttori ed esportatori continentali di materiale cerealicolo e chimico-agricolo. Il fine è quello di sopperire alla prevista crisi nella fornitura di cibo a cui si prevede potrebbero andare incontro numerose popolazioni africane e mediorientali.
Infine l’inquilino della Casa Bianca richiama i partecipanti all’incontro alla responsabilità nei riguardi dei flussi migratori.
Questi sono un importante fattore di vitalità socio-culturale e fecondità economica, primariamente per gli stessi USA; tuttavia, se non regolato e regolamentato in maniera condivisa, il fenomeno da bonus potrebbe velocemente divenire un malus con ricadute sociali e di ordine pubblico. Ergo Biden vorrebbe giungere alla stipula di un patto regionale sull’immigrazione che tuteli tanto i migranti quanto le amministrazioni statali.
Il vertice terminerà domani dopo la due giorni di discussione.
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