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Categories: Cronaca

Bimba di quattro anni muore di malaria a Brescia: giallo sul contagio

Il parassita che ha contagiato la bambina di 4 anni morta di malaria agli Spedali di Brescia è lo stesso dei bambini ricoverati all’ospedale di Trento con lei per la malaria contratta al rientro dal Burkina Faso. A dirlo è Nunzia Di Palma, direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento. L’ipotesi che la piccola Sofia Zago sia stata contagiata nell’ospedale trentino diventa sempre più plausibile ma nulla è ancora certo. Il parassita è il Plasmodium falciparum, “ma possono esserci diversi ceppi“, spiega Di Palma. “Da appurare è quindi se sia o meno lo stesso. Di questo si sta occupando l’Istituto Superiore di Sanità“. Nel frattempo a Trento è stata aperta un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti: il procuratore capo Marco Gallina sta raccogliendo tutte le cartelle cliniche della bimba relativi ai ricoveri degli ultimi giorni prima del decesso.

Sofia era stata infatti ricoverata per diabete all’ospedale di Portogruaro e a Trento, tornando nell’ospedale della sua città per problemi di febbre alta: qui le era stata diagnosticata una faringite, diagnosi poi modificata in malaria dopo gli esiti degli esami.

Gli inquirenti stanno cercando di raccogliere tutti gli elementi per ricostruire la modalità del contagio. Già dai primi accertamenti fatti dagli esperti del ministero della Salute era stato ipotizzato il contagio in ospedale a Trento.

La piccola, figlia di una coppia italiana di Trento, era stata ricoverata agli Spedali Civili della città lombarda, centro di eccellenza per la rianimazione pediatrica, solo dopo il suo trasferimento dall’ospedale Santa Chiara di Trento e la conferma della diagnosi di malaria. Sofia è arrivata in gravissime condizioni e per lei purtroppo non c’è stato nulla da fare.

Ora si indaga sulla modalità del contagio: la malaria si trasmette solo tramite il morso della zanzara Anopheles che trasporta il parassita Plamodium Falciparum e che non vive in Italia, oppure tramite il contatto con sangue infetto (e non da uomo a uomo). La famiglia è disperata: la bambina non era mai stata in paesi a rischio e le sue vacanze si erano svolte sulla riviera veneta.

Dalle prime indicazioni che abbiamo avuto pare che la bambina potrebbe aver contratto la malaria in ospedale, a Trento, il motivo per il quale sarebbe un caso molto grave. Abbiamo mandato immediatamente degli esperti sia per quanto riguarda la malattia sia per la trasmissione da parte delle zanzare“, ha specificato Lorenzin.

Sofia era arrivata a Brescia lo scorso sabato dopo la diagnosi confermata dalle analisi del sangue a Trento ed è morta nella notte tra domenica e lunedì: i genitori l’avevano portata in ospedale per episodi di febbre alta fino a 40°, mal di testa e difficoltà a reagire agli stimoli che si erano registrati al ritorno dalla breve vacanza a Ferragosto a Bibbione.

Le sue condizioni sono apparse subito molto gravi: a colpire Sofia è stata la malaria cerebrale, forma più aggressiva e letale che, nei casi più gravi, può portare alla morte in 24 ore.

Ora bisogna capire come sia stata contagiata. La bambina non era mai stata in Paesi a rischio e la zanzara Anopheles, unica responsabile del contagio, non vive in Italia.

Sulla sua morte sta ora indagando la magistratura per far luce sulla modalità del contagio. Secondo quanto riporta l’Adige, quotidiano del Trentino, Sofia era stata ricoverata in pediatria al Santa Chiara dopo Ferragosto, negli stessi giorni in cui erano ricoverati nello stesso reparto due minori che avevano contratto la malaria in Africa.

Resta da capire se il contagio sia avvenuto a Trento o a Bibbione: il quotidiano locale riporta la decisione dell’ospedale trentino di disinfestare il reparto di pediatria dopo aver fatto prelievi di zanzare a campione per confermare o meno la presenza della zanzara Anopheles.

Secondo quanto dichiarato da Claudio Paternoster, responsabile del reparto malattie infettive del Santa Chiara alla Stampa, sono due i modi in cui potrebbe essere avvenuto il contagio: o tramite il morso della zanzara o tramite il contatto col sangue infetto di un paziente. “Quest’ultimo caso – ha aggiunto – è altamente improbabile visto che i due bambini ricoverati e la piccola erano addirittura in stanze diverse“.

È un caso criptico, rarissimo“, ha detto Giovanni Rezza, medico epidemiologo e responsabile del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. “Criptico perché questa malattia viene trasmessa da un certo tipo di zanzara che in Italia non c’è ed è ignota allora la modalità di trasmissione. So che la piccola non è stata all’estero. A questo punto, occorre attendere l’indagine epidemiologica. Visto che in Italia la zanzara non esiste, la trasmissione allora può avvenire con contatto sangue nel sangue e quindi da qualcuno che ha già contratto il virus. Ma ora non sappiamo nulla sulla modalità di trasmissione e, sottolineo, questi sono casi davvero molto rari“, la sua conclusione.

Primo caso autoctono dal 1997
Se le indagini confermassero il contagio tramite zanzara, sarebbe il primo caso autoctono dal 1997. A dirlo è Giampiero Carosi, infettivologo dell’università di Brescia: secondo l’esperto, l’ipotesi più probabile è che una zanzara abbia punto qualcuno infetto, magari dopo un viaggio, e poi abbia trasmesso il plasmodio alla bimba.

Il caso è eccezionale, l’ultima trasmissione autoctona tramite zanzara risale a 30 anni fa nel grossetano, da allora ci sono stati solo alcuni casi tramite scambio di siringhe o trasfusione“, ricorda Carosi. “Quello che potrebbe essere successo è che qualcuno, di ritorno da un viaggio nelle zone colpite, abbia ‘portato’ il plasmodio e sia stato punto da una anofele ‘nostrana’ che a sua volta ha punto la bambina. Qui c’è una seconda eccezionalità, perché le zanzare che circolano da noi non sono molto adatte a trasmettere il microrganismo, anche se in teoria potrebbero“.

Carosi fa riferimento a un caso registrato a Grosseto nel 1997: anche in quel caso era la prima volta in trent’anni. Sofia è stata colpita dal plasmodio di tipo falciparum che, ricorda l’infettivologo, circola in Africa e in Asia. “Il 90% dei casi africani è di questo tipo, così come il 30-50% di quelli asiatici. Bisogna vedere se intorno alla bambina c’è qualcuno che ha viaggiato in un qualche paese malarico: sono indagini molto complesse, ogni anno milioni di persone viaggiano in quei paesi e ritornano in Italia”.

Mentre si cerca di capire cosa sia avvenuto, si muove anche il ministero della Salute. La ministra ha infatti chiesto una relazione all’assessorato alla salute della Provincia autonoma di Trento e ha inviato un gruppo di esperti di malattie infettive e tropicali dell’Istituto Zooprofilattico per accertare le modalità del contagio.

Lorena Cacace

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