Le testimonianze dei bimbi yazidi rapiti dall’Isis sono racconti dell’orrore. Piccoli costretti a subire per anni un vero e proprio lavaggio del cervello da parte di squilibrati mentali che spiegavano loro che per andare in paradiso si sarebbero dovuti fare esplodere. I bambini yazidi rapiti dai terroristi dello Stato Islamico venivano indottrinati a diventare kamikaze.
L’incubo per Ahmed e Akram è cominciato ad agosto del 2014, quando i militanti dell’Isis facevano irruzione in alcuni villaggi della Siria e dell’Iraq, rapendo centinaia di yazidi. Si tratta di una minoranza musulmana perseguitata con ferocia dagli estremisti islamici. Perché tra le vittime dei fanatici dell’Islam ci sono anche i musulmani stessi.
Ahmed e Akram si sono sfogati all’Associated Press. Hanno raccontato di come venivano indottrinati allo studio distorto del Corano, e addestrati alla guerra santa e agli attentati. Bambini di nemmeno dieci anni che imparavano a sparare con pistole e kalashnikov, a indossare cinture esplosive e a decapitare. Come tutorial i pazzi dell’Isis utilizzavano i video delle decapitazioni.
«Ho ancora molta paura. Non riesco a dormire bene, li vedo anche quando sogno», ha detto Ahmed Ameen Koro. Ha 17 anni e vive con due fratelli e la mamma, gli unici in famiglia sopravvissuti all’orrore dell’Isis. Oggi sono al sicuro in un campo profughi nel Kurdistan iracheno. Ahmed racconta il giorno del rapimento: «Sceglievano le ragazze che gli piacevano di più e le madri piangevano disperate nel vedere come le figlie venivano strappate dalle loro braccia. Sono ancora molto spaventato erano tutti grandi uomini barbuti, sembravano dei mostri».
E ancora: «Ci dicevano: non siete più yazidi, ormai siete dei nostri. Quando sarai più grande, ti farai esplodere. Mangerai quando sarai in paradiso ma per arrivarci dovrai farti esplodere». Poi la confessione: «Quando sarò più grande voglio vendicarmi dell’Isis».
Akram Rasho Khalaf fu rapito dall’Isis quando aveva sette anni. Porta ancora i segni e le cicatrici dei proiettili: i miliziani spararono a lui e ai famigliari perché provarono a scappare: «Ci dicevano: quando crescerai ti farai saltare in aria, a Dio piacendo. Quando chiedevano chi volesse raggiungere il paradiso alcuni di noi non sapevano cosa rispondere. Continuavano a ripeterci che erano nostri amici, ma i bambini erano spaventati a morte». Dopo due anni da schiavo, in quanto troppo piccolo per combattere, è riuscito a scappare, raggiungendo le posizioni dei Peshmerga. Ma i traumi, come tutti i bimbi yazidi rapiti dall’Isis, li porta ancora.
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