La vicenda è ormai nota. Lo scorso 8 luglio un bambino vegano denutrito di 15 mesi viene ricoverato in ospedale: pesa solo 5 chili, ha una malformazione cardiaca e rischia di morire, ma i genitori sembrano interessati più al regime alimentare che al suo stato di salute. A quel punto, i medici del Fatebenefratelli di Milano, dove il piccolo era stato portato dai nonni, lo ricoverano d’urgenza, ottenendo dalla Procura dei minori l’affidamento temporaneo. La vicenda ha avuto una grande risonanza mediatica, in particolare sui social dove la polemica tra onnivori e vegani è divampata. La vicenda del bimbo di Milano non è stata la sola a infiammare il dibattito sulla dieta vegana per i bambini, tema molto delicato che riguarda la salute dei più piccoli. Per capire cosa è successo, abbiamo intervistato il professore Luca Bernardo, direttore della Casa Pediatrica del Fatebenefratelli, che ha seguito il caso in prima persona, e che a Milano ha aperto un ambulatorio per famiglie vegetariane e vegane, primo e unico in Italia a trattare l’alimentazione non onnivora dei più piccoli.
Professore, lei ha seguito tutta la vicenda in prima persona: ci può raccontare come è andata?
«Tutto è iniziato quando i nonni, preoccupati per la crescita del loro nipotino, mi hanno chiesto un appuntamento. Ho così visitato il bambino alla presenza dei genitori che hanno chiarito da subito di essere vegani. Già a prima vista si vedeva che il piccolo aveva dei seri problemi e abbiamo iniziato a indagare sul perché un bambino di circa 16 mesi avesse il peso di uno di tre mesi. Abbiamo saputo anche della malformazione cardiaca per cui doveva essere operato, ma i genitori ci hanno detto che stavano aspettando gli esami del sangue e che non lo avrebbero ricoverato, come invece io chiedevo.
Il 2 luglio sono arrivati gli esiti: il bambino aveva un livello di calcio così basso da essere incompatibile con la vita. Abbiamo chiamato i genitori, spiegando la necessità urgente del ricovero, ma la mamma, dopo averci ringraziato, ci ha detto che avrebbe dato tutto al pediatra. Le abbiamo chiesto il nome del loro medico, così da poterlo chiamare e confrontarci, ma lei ci ha ringraziati e ha chiuso il telefono. A quel punto ho deciso, in quanto direttore della struttura, di contattare la Polizia e inviare una pattuglia a prendere mamma e bambino per un ricovero immediato. Appena arrivato, siamo intervenuti sul fronte della malnutrizione e su quello della malformazione cardiaca. Abbiamo contattato i colleghi di San Donato dove il piccolo è stato operato. Al momento sta bene e stiamo aspettando che ritorni da noi per continuare la terapia e capire cosa è successo».
Lei ha visitato il piccolo e parlato con la sua famiglia: può dire se la sua condizione di salute è legata alla dieta vegana?
«Al momento, per correttezza scientifica, non si può collegare la malnutrizione all’alimentazione vegana. Di certo il bambino era malnutrito e aveva gravi problemi ma dobbiamo indagare sui motivi. Potrebbe trattarsi di una malattia genetica o altro: la malnutrizione, l’aspetto aspetto particolare della faccia, il problema al cuore, sono tutte cose che, messe insieme, potrebbero essere il cognome e nome di una sindrome, cioè una potenziale malattia. Solo gli accertamenti ci diranno di cosa si tratta.»
Dal suo racconto, emergerebbe anche la responsabilità del pediatra di famiglia che non sarebbe intervenuto prima.
«Al momento non sappiamo neanche se avessero un pediatra visto che non ci abbiamo mai parlato. I genitori potrebbero non averlo mai fatto visitare da un medico, ma è quanto meno difficile che un bimbo nato oggi a Milano non venga mai visitato. Se poi chi lo ha visitato non si è accorto delle sue condizioni, allora è un problema, ma mi sembra davvero impossibile. D’altra parte, la diagnosi cardiologica è precisa ed è difficile che i genitori l’abbiano inventata. È vero anche che il medico può averli avvisati e che la mamma abbia deciso di non fare nulla, come aveva tentato di fare con noi.»
È vero che ora il piccolo è stato affidato all’ospedale?
«Sì. Quando ho chiamato la Polizia per il ricovero, ho contattato anche il giudice di turno alla Procura minorile e ho chiesto che venisse sospeso l’affidamento ai genitori e che il bambino fosse affidato a noi. I genitori ci hanno solo detto che l’importante era non dargli latte e latticini e che non avrebbero collaborato con noi.»
A Milano ha aperto un ambulatorio per genitori vegetariani, vegani e altre forme d’alimentazione: come mai questa decisione?
«Il 5,7% della popolazione è vegetariana e/o vegana e il 2,8% vegana. Checché uno ne pensi, essere vegani non è una moda, le famiglie credono molto in questa alimentazione e non apprezzano la critica fine a se stessa. Essere vegetariani o vegani è una scelta personale di famiglia: il nostro dovere di medici non è criticarle ma accompagnarle nel corretto svolgimento della crescita del bambino, dall’allattamento allo svezzamento fino all’adolescenza. Con l’ambulatorio integriamo, aiutiamo ed eventualmente correggiamo quello che non va.»
Data la sua esperienza, ci può indicare quali sono le cose fondamentali che i genitori vegetariani e vegani devono fare?
«La cosa migliore, durante il primo anno di vita, è avere un’alimentazione il più variegata possibile. Di base sarebbe meglio una dieta classica, onnivora e diversificata. I bambini che non introducono proteine animali devono introdurre proteine vegetali necessarie a evitare delle carenze. In ogni caso, non è lo stile d’alimentazione che causa malattie: l’anemia del lattante può averla il bambino onnivoro come quello vegano. L’importante è affidarsi a un pediatria, ancora meglio se nutrizionista, che segua passo passo il bambino dal punto di vista clinico e che, in base alla crescita, possa fare delle variazioni, integrando nel caso il ferro, la vitamina B12, l’acido folico, la vitamina D e tutti gli elementi necessari.»
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