Si aggiungono anni alla condanna per l’ex leader politica del Mynamar, Aung San Suu Kyi, che ora dovrà scontare un totale di 33 anni di reclusione.
L’ultimo processo di tanti che durano più di un anno ormai, ha decretato che l’ex leader della Birmania Aung San Suu Kyi dovrà scontare altri 7 anni di carcere.
Questi si aggiungono agli altri che già erano stati decretati in questi anni, dopo il verdetto dovuto alle accuse mosse dalla giunta militare per corruzione e per altri molteplici reati.
Da quando, a causa di un colpo di Stato, Aung San Suu Kyi è stata rimossa dal suo incarico di consigliere di Stato della Birmania, nel febbraio 2021, sta scontando anni di carcere che, a quanto pare, aumentano ad ogni processo.
Accusata dalla giunta militare di numerosi reati, tra cui corruzione per uso improprio di fondi statali, la donna ora dovrà scontare altri 7 anni di carcere, che si aggiungono agli altri per un totale di 33 anni.
Sia lei che il suo team legale in questi anni hanno sempre affermato la sua innocenza e anche diversi gruppi per i diritti umani, che indicano le accuse verso di lei come un tentativo di tenerla lontana dai ruoli pubblici.
Attualmente, il Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, 77 anni, si trova nella prigione di Naypydaw ma fonti giudiziarie riportano che è in buona salute.
Ora, sempre secondo la stessa fonte, tutti i casi in cui è coinvolta sono ufficialmente conclusi, quindi a quanto pare i processi dovrebbero essere arrivati al termine.
La situazione, però, nel Mynamar continua ad essere tesa dopo il colpo di Stato: pare che più di 2600 persone siano state uccise per la repressione dei militari e il tutto non sembra finire facilmente.
L’ex leader del Mynamar Aung San Suu Kyi è un’icona della non violenza, della pace: figlia del generale Aung San, che nel 1947 ottenne l’indipendenza della Birmania dalla Gran Bretagna, anche lei ha avuto una carriera politica brillante.
Cresciuta in Birmania, ha avuto l’opportunità di studiare in India, seguendo la madre per alcuni incarichi governativi.
Ha studiato anche a New York, dove ha lavorato per le Nazioni Unite e dove incontro il suo futuro marito, Michael Aris, dal quale ebbe poi due figli.
Nel 1988 torna in Birmania e da qui la sua vita cambiò radicalmente: fu testimone delle grandi violenze che l’esercito praticava sul popolo, per questo fu una delle prime a protestare contro il governo militare di Bo Ne Win.
Il suo attivismo la portò diverse volte in carcere e agli arresti domiciliari. Nello stesso anno, fondò la Lega Nazionale per la Democrazia. che diventa con gli anni il più importante partito civile del Paese.
Nel 1991 vince il Premio Nobel per la Pace, ma essendo ancora agli arresti domiciliari l’ambito riconoscimento venne ritirato da suo figlio.
Nel 1995 è liberà e nel 1998 crea un comitato chiamato il parlamento legittimo del Paese.
Negli anni 2000 continua a scontare i suoi anni di prigionia, senza mai smettere di lottare per il suo Paese contro le forze militari, nel 2010 viene poi liberata.
Nel 2012 ottiene un seggio al Parlamento birmano e nel 2016 la Lega Nazionale per la Democrazia vince le elezioni e Aung San Suu Kyi viene nominata ministro del Esteri e dell’Ufficio del Presidente.
Successivamente, diventa la vera e propria leader del suo paese, nominata Consigliere di Stato, una carica inventata apposta per lei.
Amata e criticata anche da molti, Aung San Suu Kyi ora sconta la sua condanna, credendo sempre in un futuro migliore per il suo Paese.
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