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Bitcoin, l’oro digitale che rivoluzionerà il mondo: NanoPress intervista l’avvocato Giovanni Bonomo

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Tutti parlano di bitcoin. In pochi, ancora, hanno però capito realmente cosa sono e come funzionano. Come si fa a possederli, come si usano per pagare. Eppure sono già spuntate, in Italia, le prime attività in cui è possibile lasciare gli euro nel portafogli e pagare con i bitcoin. In molti sono scettici: la truffa, temono, è dietro l’angolo, la criminalità organizzata ci sguazzerà. Per alcuni economisti ed esperti questa moneta digitale si dissolverà presto come una bolla di sapone. Altri, invece, sono entusiasti perché hanno colto le reali potenzialità dei bitcoin.

Questa criptovaluta, infatti, potrebbe non limitarsi a essere una moneta di nicchia utilizzata da smanettoni del web e geni dell’alta finanza. I bitcoin potrebbero diventare un prodotto per tutti (o quasi: una minima conoscenza delle nuove tecnologie è richiesta), e potrebbero sancire, a lungo termine, la fine dei contanti.

Forse siamo agli albori della vera rivoluzione sociale ed economica del terzo millennio: l’uomo, e non più le banche, che controlla la moneta. Di questo e altro abbiamo parlato con l’avvocato Giovanni Bonomo, consulente di imprese editoriali e televisive, autore di pubblicazioni in materia di diritto d’autore, dell’informazione e dell’informatica. Giornalista pubblicista, è attivo sulle tematiche ambientali, collabora con riviste letterarie e di divulgazione scientifica. Animatore culturale con il proprio Centro Culturale Candide e titolare del blog Ultime-Notizie.net sulle novità del mondo digitale, è senior manager di Assistenza Legale Premium da dicembre 2016 e da giugno 2017 responsabile dell’Osservatorio sul diritto d’autore de Il sole 24Ore.

Avvocato Bonomo, cosa sono i bitcoin?

«Il bitcoin è l’oro digitale e può sancire la fine del contante nel processo già iniziato con le carte di credito e dai pagamenti online. Ma andiamo per gradi. Il bitcoin nasce come la prima criptovaluta e traccia il solco della valuta digitale, aprendo la strada a tutte le altre criptovalute. Tutto inizia nel 2008, anno che ricordiamo per l’inizio della crisi mondiale con il tracollo finanziario globale di cui ancora risentiamo gli effetti. Perché proprio in quell’anno, un misterioso e ancora ignoto inventore, con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto (solo lo scorso anno un imprenditore e informativo australiano Craig Wright, si sarebbe rivelato nella sua vera identità), pubblica il protocollo bitcoin, che oggi viene chiamato Blockchain, così intitolando un’architettura informatica idonea a sostenere la circolazione di una criptovaluta o valuta digitale.

La creazione e la diffusione di tale criptovaluta si basano sui princìpi della crittografia e dei protocolli di file sharing peer to peer. La rivoluzione sta nel fatto che si ha una valuta che transita liberamente tra gli utenti di Internet in modo appunto paritario, senza il controllo di un organo centrale, permettendo pagamenti e acquisti senza i costi delle normali operazioni bancarie, essendo la catena di blocchi, la Blockchain, una struttura informatica totalmente decentralizzata e sicura. E già questo fa comprendere la forza dirompente di tale invenzione per il mondo finanziario e monetario, in mano alle autorità centrali di ogni Stato.

Si ha cioè, in sostanza, lo spostamento dalle istituzioni alle persone, le quali diventano loro stessi la banca, sono loro che detengono il portafoglio, sono unicamente loro responsabili delle proprie transazioni, senza alcun ente centralizzato nel quale riporre la loro fiducia.

Quindi va da sé l’attenzione della cittadinanza mondiale, prima che dei media istituzionali controllati dai vari governi, per il bitcoin e, più in generale, per la valuta digitale, in questi tempi di ripensamento di dogmi e verità indiscutibili, in economia, finanza, politica e religione».

Perché ha detto “oro digitale”?

«Ho detto oro digitale perché il bitcoin, la prima criptomoneta che conduce la fila delle altre – ad oggi più di millecento e in continua crescita – è diventato il punto di riferimento, il parametro aureo del valore di tutte le criptomonete, come era l’oro con riferimento al dollaro statunitense prima del 1973, prima cioè che lo standard aureo fosse sostituito dal sistema dei cambi flessibili. E uno degli elementi qualificanti del bitcoin è la non riproducibilità e la conseguente scarsità del prodotto: i bitcoin sono come l’oro in una miniera, che contiene solo quantità limitate del prezioso metallo. Infatti verranno creati solo 21 milioni di bitcoin. Perché questo? Perché un algoritmo definito ne gestisce la generazione in modo finito e, raggiunta tale cifra, non ci saranno più nuovi bitcoin. Grazie a questo limite numerico, il valore dei bitcoin dipenderà solo dal mercato: più persone compreranno bitcoin, più questa moneta digitale verrà richiesta e quindi il suo valore aumenterà».

Si parla sempre più spesso di blockchain, qual è la sua relazione con bitcoin?

«Le transazioni con questo oro digitale vengono distribuite sui nodi della rete, validate e accorpate in blocchi. In tale processo si inseriscono i “minatori”, i miners, speciali partecipanti che utilizzando software e potenti computer per creare, appunto, questi blocchi. Ogni nuovo blocco di transazioni è trascritto in un registro, pubblico e distribuito, organizzato in una catena ordinata. Questo registro pubblico distribuito viene chiamato per l’appunto blockchain, termine spesso utilizzato estensivamente per indicare l’insieme della tecnologia sottostante la moneta bitcoin. La tecnologia blockchain regola il trasferimento di proprietà di un “gettone digitale” a cui possono essere associati svariati beni e diritti nel mondo esterno: azioni, obbligazioni, immobili, auto, diritti di voto, ecc. Il gettone, senza il quale questa tecnologia non può esistere, acquista quindi intrinsecamente valore per la sua utilità nel mondo digitale.

La moneta bitcoin è proprio il gettone digitale della prima e più diffusa blockchain: dal punto di vista concettuale è quindi impossibile disaccoppiarli. È ovviamente possibile immaginare applicazioni tecnologiche in cui il gettone sia nascosto o abbia valore trascurabile rispetto al bene o diritto che rappresenta, evitando di chiamarlo bitcoin o utilizzando una diversa blockchain rispetto a quella bitcoin».

Come si fa, concretamente, a possedere bitcoin?

«Per avere bitcoin basta acquistarli tramite i siti che funzionano da wallet, cioè portafogli informatici in Rete creati apposta per la valuta digitale. Il portafoglio informatico, che già agevola molte operazioni di pagamento e scambi finanziari del normale circuito bancario, diventa, nel caso delle criptovalute, lo strumento principale per le operazioni di scambio di denaro in valuta digitale.

Nel mio blog ultime-notizie.net si trova un articolo su come crearsi un wallet e usarlo per acquistare e vendere bitcoin e altre criptomonete. Ogni titolare e utente del wallet, accessibile solo possedendo la relativa password, si trova delle stringhe di 33 caratteri alfanumerici, cioè composte da molte lettere e numeri: sono gli indirizzi del proprio wallet su cui arrivano i bitcoin.

Il wallet può essere poi usato per fare un deposito oppure un prelievo, o anche per fare acquisti o ricevere pagamenti. Inizialmente l’acquisto e il primo deposito in bitcoin avviene tramite un conto corrente bancario sul quale è appoggiata una carta di credito solitamente ricaricabile.

I BTC wallet più noti sono: Coinbase, anche il lingua italiana – che si fregia di essere “il modo più semplice al mondo per acquistare e vendere bitcoin ed ethreum” (che sono attualmente le due più note valute digitali), BlockChain, SpectroCoin, MyEtherWallet, Electrum, per citare i più noti.

Il wallet BlockChain ha la pretesa di definirsi “il portafoglio bitcoin più famoso al mondo”, e forse lo è davvero, se si intitola allo stesso sistema (blockchain) che è alla base del circuito delle criptomonete. Lo si trova già in italiano all’indirizzo in Internet e vi basterà seguire le istruzioni dopo aver cliccato sul riquadro “crei il suo portafoglio”».

Si possono fare acquisti nei negozi con i bitcoin? In che modo?

«Anche da noi ci sono negozi, non solo virtuali, che accettano pagamenti in bitcoin: in tale caso si entra nel proprio wallet e si inviano i BTC – o meglio, le frazioni di BTC dato che ora un solo BTC vale più di 16.000 euro – all’indirizzo del negoziante. Ma è possibile pagare in euro partendo da una riserva di BTC: molti wallet consentono si spendere i BTC trasformandoli in valuta corrente del proprio Stato.

Vari siti web, come Coinmap, riportano le mappe dei negozi che accettano i pagamenti in BTC. Intanto si moltiplicano i posti anche in Italia che da nord a sud accettano BTC per i loro prodotti o servizi. Di solito appare l’avviso che si può pagare in bitcoin insieme alle altre modalità di pagamento (assegno, bonifico bancario, carta di credito, bancomat e pagoBancomat). Guardate ad esempio il sito dell’hotel Boston della città di Cattolica, dove appare il banner “bitcoin accepted here”, hotel che è stato il primo ad accettare il pagamento in bitcoin».

Quali sono i vantaggi dei bitcoin?

«Intanto abbiamo già notevoli risparmi di tempo e di costi nelle transazioni. Basti pensare che per fare un bonifico bancario Sepa occorrono dai quattro ai cinque giorni affinché il denaro venga trasferito, mentre per trasferire bitcoin possono bastare pochi minuti e si hanno commissioni molto più contenute. Per comprendere tale velocità di esecuzione ricordiamoci dei vantaggi della disintermediazione e dell’assenza di controlli da parte di una qualsivoglia autorità centrale.

Un aspetto interessante del bitcoin e di tutte le criptovalute è l’impignorabilità di un borsellino elettronico, per ragioni tecniche (il soggetto pignorando può continuare a operare tramite un’altra stringa alfanumerica e non esiste nemmeno un soggetto presso cui operare un pignoramento presso terzi) prima che giuridiche e, almeno per quanto riguarda il bitcoin, l’esenzione da Iva, come da recente dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate dello scorso anno».

È una moneta legale? Perché non è riconosciuta dagli Stati?

«Il fatto che non sia regolamentata non significa che non sia legale. Certamente l’assenza di regolamentazione consente speculazioni ed evasioni fiscali ma il bitcoin nasce come alternativa anarchica alle valute tradizionali, realizzando il sogno di una moneta unica mondiale senza banca centrale, signoraggi bancari e inflazioni varie, idonea a creare fiducia tra i membri della rete grazie alla trasparenza delle operazioni.

È ovvio che tale caratteristica, unita all’alta volatilità, lo rende refrattario a qualsiasi controllo e riconoscimento statuale. Se in Internet ci sono malintenzionati che usano il suo nome per indurre a facili guadagni e quindi a truffe non è colpa del bitcoin».

Quali sono i rischi dei bitcoin?

«Gli unici rischi del bitcoin sono quelli legati alla non conoscenza: chi non sa rischia, perché fa operazioni sbagliate. L’alta volatilità può essere considerata un rischio, ma per molti investitori resta un pregio: grandi sbalzi significano grandi guadagni».

Quali vantaggi può trarre la criminalità organizzata dai bitcoin? Ci sono rischi di transazioni illegali?

«Nessun vantaggio, perché se è vero che l’indirizzo del wallet è una stringa alfanumerica di 33 caratteri alfanumerici e con infinite varianti, senza alcun riferimento al nome del titolare, è anche vero che fa sempre riferimento ad un’unica e irripetibile transazione, quindi sicura e tracciabile.

Il pagamento in bitcoin non è affatto adatto, quindi, per chi faccia riciclaggio di denaro sporco, come comunemente si pensa. Inoltre l’integrità della Blockchain viene garantita da tutti i nodi, rendendo pressoché impossibile qualsiasi manipolazione.

Anche per quanto riguarda i rischi di truffa, non sono più di quelli che possono farsi con qualsiasi altro mezzo di pagamento».

I bitcoin sono accessibili a tutti o bisogna essere esperti in informatica e finanza?

«Non occorre alcuna competenza specifica, basta un minimo di conoscenza dell’uso del proprio PC e del proprio smartphone».

Francesco Minardi

Francesco Minardi è stata collaboratore di Nanopress dal 2016 al 2018, occupandosi principalmente di cronaca e politica interna ed estera,

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