Dal 4 al 21 marzo Bologna entra ufficialmente in zona rossa. Dopo la riunione dei sindaci della Città Metropolitana e le pressioni del sindaco Merola, è stata presa questa decisione. Intanto è in corso una riunione con la provincia di Modena che potrebbe decidere di estendere il provvedimento lungo la via Emilia. In zona rossa chiudono negozi, scuole e asili: vietato spostarsi al di fuori della propria abitazione, se non per comprovate esigenze.
La decisione è stata presa alla luce della significativa impennata di contagi nell’area metropolitana di Bologna, che oggi arriva a quota 791, leggermente in aumento rispetto a ieri. Di fronte a uno scenario in peggioramento, il sindaco di Bologna Virginio Merola ha chiesto la zona rossa per tutta la provincia, nel tentativo di allentare la pressione sulle strutture ospedaliere.
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Erano, infatti, 850 ieri le persone ricoverate negli ospedali bolognesi. Intanto si lavora per mettere a disposizione mille posti letto, coinvolgendo anche le cliniche private sul territorio e chiedendo loro di interrompere l’attività chirurgica non urgente. Soltanto nell’ultimo weekend, sono stati registrati 209 ricoveri in 72 ore: un’ondata che ha costretto l’amministrazione a prendere questa drastica decisione.
“La decisione unanime dei Sindaci, condivisa con la Regione, è stata quella di adottare un provvedimento per rendere l’area metropolitana di Bologna zona rossa con decorrenza da giovedì 4 marzo a domenica 21 marzo“, ha spiegato il sindaco Virginio Merola. A livello nazionale la soglia critica è considerata a partire da 250 casi ogni 100 mila abitanti, “soglia abbondantemente superata in tutti i nostri Comuni“, con circa 400 casi di media ogni 100mila abitanti.
Nel provvedimento della Regione, che verrà firmato domani, saranno compresi anche i gli asili nidi e le scuole dell’infanzia, oltre alle attività commerciali non essenziali. “Il tema dei comportamenti individuali è più che mai fondamentale – ha ribadito Merola – L’appello che facciamo è che le persone escano di casa solo per recarsi al lavoro, per necessità e per motivi di salute, e che siano rispettate le norme sanitarie individuali“.
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