Le bonifiche dei suoli in Italia sono afflitte da annose criticità, innanzitutto quella dei tempi troppo lunghi per attuare questo fondamentale risanamento del territorio, che da Nord e Sud risulta inquinato da metalli e sostanze tossiche, discariche di rifiuti illegali e roghi, mettendo in pericolo la salute dei cittadini oltre che un danno persistente per l’ambiente. Sono cose note da tempo e che abbiamo affrontato in diverse occasioni, ma adesso a lanciare un ulteriore allarme in materia ci pensa l’Ordine dei Geologi, che si pone l’obiettivo di valorizzare le attività connesse alle bonifiche dei siti inquinati, ritenute un’opportunità di rigenerazione del territorio, se vengono osservati i giusti principi di tutela e di recupero, sia del suolo che delle acque.
‘In Italia ci sono siti che per estensione e grado di inquinamento determinano delle vere e proprie emergenze per l’ambiente e che compromettono gravemente la salute pubblica, come ad esempio l’ILVA di Taranto e la Terra dei Fuochi in Campania. In Italia vi è un problema di inquinamento sul suolo per 160.680 ettari e per 133.060 ettari sul mare, per un totale da bonificare di 293.740 ettari. A questi ettari si devono aggiungere tutti quei siti, non di Interesse Nazionale censiti a livello regionale. che comportano anch’essi un gravissimo problema per l’ambiente e per la salute pubblica. Da stime fatte, sulla base dell’anagrafe che le Regioni devono avere aggiornate e implementate, si valuta che vi siano 6 mila siti di interesse regionale soggetti a interventi di bonifica‘: a parlare così è Andrea Pignocchi, Presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche e Coordinatore del Tavolo tecnico sulle Bonifiche ed inquinamento che si tiene al Congresso Nazionale dei Geologi Italiani previsto a Napoli dal 28 al 30 aprile 2016. Proviamo ad approfondire alcuni dei casi più urgenti di bonifiche che andrebbero effettuate, e che invece sono ancora ferme al palo, tra burocrazia e interessi contrapposti.
Amianto in Italia
La questione dell’amianto in Italia è al centro di numerose controversie legali, e il ritardo ormai cronico con cui vengono procrastinate le bonifiche delle ex aree industriali, e non solo, genera secondo dati diffusi nel 2015 8 morti al giorno e un numero sterminato di malati affetti da gravissime patologie tumorali: secondo ai dati diffusi dal ministero dell’Ambiente, in Italia vi sono 38mila siti contaminati, di cui oltre 35mila ancora in attesa di bonifiche. Non vi è solo il caso celebre dell’Eternit di Casale Monferrato e il suo infinito, controverso processo giudiziario, ma centinaia e centinaia di stabilimenti attivi o in dismissione, a cui vanno aggiunti 12 siti considerati di interesse nazionale come Broni in Lombardia e Bagnoli a Napoli, commissariata nel 2016 e in attesa di compiere la bonifica entro l’anno, secondo quanto espresso dal governo, dopo 20 anni di immobilismo e promesse al vento. Benché dichiarato fuorilegge da tempo, l’amianto continua a mietere vittime silenziosamente, e purtroppo non si ammala solo chi ha lavorato direttamente a contatto con questo materiale, poiché dal momento dell’esposizione all’insorgenza della patologia possono trascorrere fino a 40 anni.
Depositi radioattivi
Se ne parla meno nelle pagine delle cronache nazionali, ma sono un altro dei problemi più urgenti riguardo alla questione delle bonifiche del nostro territorio: parliamo dei depositi radioattivi, contenenti al suo interno migliaia di fusti contenenti scorie tossiche. Non bastassero i guasti delle ecomafie e i residui dell’era industriale, ci si mette anche lo Stato a mettere un ulteriore carico con le sue inadempienze. Nel nostro Paese vi sono ancora numerosi depositi radioattivi, ex centrali elettriche e siti di stoccaggio in cui sono ‘parcheggiati’ scorie inquinanti e potenzialmente pericolose per la popolazione: da anni si parla di un deposito nazionale unico che è fermo a livello progettuale. Nel frattempo tra Lazio, Piemonte, Lombardia e Basilicata, dove sono dislocati la maggior parte dei siti, si continua a convivere pericolosamente con le scorie tossiche.
La Terra dei Fuochi
Il caso che forse maggiormente è salito alla ribalta delle cronache è quello della Terra dei Fuochi in Campania, quella vasta porzione di territorio regionale situato tra le province di Napoli e Caserta, dove la camorra per anni, con la complicità di troppi individui senza scrupoli, ha sversato rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia e dall’Europa attraverso discariche illegali. Nonostante i controlli che negli ultimi anni sono stati messi in campo, vige ancora una costante emergenza ambientale dovuta ai roghi di materiale tossico che ancora adesso vengono appiccati. Secondo le analisi scientifiche effettuate, ‘soltanto’ 15 ettari sarebbero risultati contaminati, ma resta il fatto che, proprio come a Taranto nei dintorni dell’Ilva, le patologie tumorali contratte dalla popolazione sono in percentuale mediamente più alte che nel resto d’Italia, anche a livello infantile, senza contare che i roghi aumentano anche l’effetto serra. Le bonifiche insomma, qui sono più urgenti che mai.
Siti contaminati
In tutta Europa si calcola che siano 500mila i siti in attesa di bonifica, in Italia, a livello regionale, ne sono stimati circa 6mila. Aree che andrebbero bonificate per sottrarle non solo al degrado ambientale, ma anche sociale, ma come afferma Vincenzo Giovine, Vice Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, ‘in Italia il quadro normativo esistente non garantisce un iter breve per la bonifica delle aree ed in particolare quelle ubicate in aree urbane. Il processo burocratico è estremamente lungo e antieconomico, di conseguenza le bonifiche non partono mai e le aree vengono lasciate a se stesse ad un pieno stato di abbandono ambientale e degrado sociale‘. Se non intervengono il Parlamento e il governo dunque, sarà molto difficile colmare il ritardo attuale ed attuare finalmente le bonifiche.
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